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Nel cassetto dei ricordi un quadrifoglio

Ho trovato un solo quadrifoglio nella mia vita. Ero bambina, un quadrifoglio nell’aiuola davanti casa. Sembrava aspettasse proprio me! Lo esibii come un trofeo alla mia famiglia e come un vero tesoro fu custodito in un libro della grande biblioteca di casa. Ahimè, oggi, ho dimenticato quale sia. So solo che la sezione dedicata al verde, creata con passione da mio padre, è sacra anche perché custodisce tra le migliaia di pagine quell’emozione lontana.

Tra le fortune della mia vita, ho avuto anche quella di frequentare la mia zia austriaca Christine Schuster, la quale riempiva tanti pomeriggi della mia infanzia di storie della sua terra d’Oltralpe. La sua casa era un mondo fantastico, piena di oggetti nuovi, dove la mente di una bambina non poteva che rimanere incantata! Il Natale poi era così diverso rispetto a quello vissuto nelle nostre case del Sud Italia: l’albero aveva candeline vere, coroncine e bouquet profumati (Gewürzstrauß) fatti con fiori secchi, pigne, anice stellato, arance e chiodi di garofano che profumavano l’aria; la corona dell’avvento con le quattro candele sul tavolo di cristallo brillava come una stella cometa; frittelle di mele e cannella e strudel venivano preparati in cucina e se avevi fame era sempre a portata di mano una fetta di pane nero con formaggio Tilsit! Babbo Natale poi era vestito di bianco, si chiamava Sankt Nikolaus e festeggiato prima, il 6 dicembre, e poi anche il 24!

La notizia che a Capodanno ci si regalava piantine di quadrifoglio per me fu davvero sorprendente. Un Paese intero che si scambiava piantine di tale rarità. Cosa avrei dato per vivere anch’io quell’emozione!

Ma non solo l’Austria, anche diversi Paesi del Nord Europa avevano questa meravigliosa tradizione. Un legame verso la natura insegnata dai Druidi, sacerdoti degli antichi popoli di quelle lande. Il Quadrifoglio, quattro foglie magiche che avevano il potere di allontanare gli spiriti malvagi.

Col tempo la cultura popolare ampliò il significato di questa pianta dando una nuova interpretazione: la prima foglia è la speranza, la seconda la fede, la terza l’amore, la quarta la fortuna. Quale miglior regalo per iniziare l’Anno Nuovo?

Molti anni fa trovai abbandonati sui carrelli dei mercati di Castellammare di Stabia (NA) alcuni vassoi di quadrifogli. In effetti non erano veri e propri quadrifogli ma piantine di Oxalis tetraphylla, molto simili. Nessuno dei colleghi sapeva dire perché fossero lì, forse erano stati messi per completare un carrello dall’Olanda, come spesso succede. Mi esaltai soltanto io e non esitai a comprarli. I tempi però non erano ancora maturi. La pianta non portava fiore, in più un pupazzetto nero con un cappello a cilindro, che rappresentava uno spazzacamino e accompagnava i quadrifogli, veniva interpretato come un elemento sinistro. Morale della favola: non ne vendetti neanche una. Furono piantate in giardino e ancora oggi mi regalano meravigliose fioriture rosa fucsia durante l’estate.

All’epoca la divulgazione era difficile e la mia unica voce era troppo fioca per far nascere una nuova moda così particolare. Gli anni sono passati, ed io non mi sono mai arresa dinnanzi al quadrifoglio e alla sua bella storia. Pochi anni fa, scorrendo un’e-commerce olandese rividi i miei omini spazzacamini con il quadrifoglio portafortuna e ritentai l’esperimento. Questa volta potevo contare sull’aiuto dei social e non era poco. Fu un successo, svuotai i vassoi in un battibaleno e rifeci l’ordine. I colleghi videro i miei post e mi seguirono a ruota. Certo non siamo ancora ai livelli del Nord Europa, ma posso assicurare che ogni persona desidera il suo quadrifoglio con tanto di spazzacamino.

Potete immaginare a chi regalo il primo quadrifoglio del nuovo anno. Naturalmente alla mia adorata zia Christine! Lei ne rimane ogni volta estasiata, chiude gli occhi e col pensiero vola lontano: perché l’infanzia è un incontro con la memoria e ti riporta dritto dritto a casa, a Irdning, in Stiria, davanti alla grande stufa di maiolica. Ci sono proprio tutti: Mutti, Vati, zia Ermine, zia Helga, Margherita, Erika, Markus e tanti altri parenti. La tavola di Capodanno è pronta, su ogni piatto c’è un piccolo quadrifoglio.

Bussano alla porta, chi sarà mai? Ma certo è lo spazzacamino! Col suo cilindro nero, come da tradizione porta gli auguri a tutti suoi clienti: Frohe Weihnachten und ein glückliches Neues Jahr! 

 

Annie Pellecchia

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Copyright © Ugo Pellecchia & Il Floricultore

 


 
Marimo - atmosfere zen

Si chiama Marimo. È un’alga d’acqua dolce dalla curiosa forma sferica, molto longeva, amica dell’ambiente e di buon auspicio. Ideale da suggerire a chi è in cerca di energia positiva 

Erano lì quella mattina sui carrelli al Mercato dei Fiori. Mi avvicinai per guardarli e rendermi conto di cosa fossero fatte. Alle mie spalle Salvatore, un mio fornitore abituale, esclamò: «Marimo! Sono alghe giapponesi portafortuna». Sospirai tra me: «Sì, certo, porta fortuna!».

Erano delle semplici palline verdi vellutate, adagiate su un fondo di pietrisco grigio dentro contenitori di vetro pieni d’acqua dolce. Non suscitarono in me nessuna emozione, ma ne comprai ugualmente una confezione intera per non deludere l’entusiasmo di Salvatore. Comunque era una novità da esibire ai clienti.

Tornata in negozio disposi i vasi di vetro su una mensola. Avevo visitato il Giappone in una vita lontana: ricordo ancora i colori, la dolcezza della natura, i sorrisi di mio padre che si rispecchiavano nei miei mentre attraversavamo quella natura meravigliosa, visitavamo i templi, contemplavamo la maestosa eleganza del monte Fuji. Ricordo i miei piedi attraversare un fresco ruscello in un “Bonsai park”, le variopinte carpe nuotare con le tartarughe nel fossato che circondava il Palazzo imperiale di Tokyo. Eppure quelle alghe non mi dicevano niente.

Ero stupita di questo mio stato d’animo; in tanti anni non mi era mai successo. Continuai il mio lavoro quotidiano. Una ragazza salernitana entrò con il suo bel fidanzato francese per comprare dei fiori da portare alla mamma di lei. Erano felici, mano nella mano scelsero le combinazioni di colori. Mentre confezionavo il fascio, vidi che lo sguardo di lui si posò stupito sui Marimo. Quasi ne fui invidiosa, era la prima volta che la curiosità di un cliente precedeva la mia. I due innamorati andarono via.

La rivelazione

Riguardai Marimo, ancora niente! Se gli fossero piaciute, l’avrebbe comprate, pensai tra me. Invece il giorno dopo eccolo di nuovo il ragazzo francese. Comparve davanti la porta, questa volta solo, senza fidanzata. Ci aveva pensato tutta la notte e come un amante furtivo era scappato un attimo in negozio per impossessarsi della sua alga giapponese!

Caspita! Mi avvicinai, presi il cartoncino che avevo letto distrattamente come un bugiardino di un medicinale e lo rigirai tra le dita: Mari-Mo ossia “biglia acquatica”. Cambiare l’acqua ogni 7-10 giorni. Nascono in laghi con correnti circolari che facendole roteare costantemente plasmano la loro forma circolare. Crescono circa 5 millimetri l’anno e riescono ad arrivare anche alla veneranda età di duecento anni.

Lo squillo del telefono distolse ancora una volta la mia attenzione dall’alga. Finita la conversazione con la cliente, mi accinsi a preparare un nuovo fascio da consegnare. Tra un fiore e l’altro pensavo a Marimo, alle correnti che lo facevano volteggiare nell’acqua dei suoi laghi lontani, alla popolazione giapponese che lo riteneva non un portafortuna ma un talismano! Beh, c’è una bella differenza, sorrisi tra me! Nella mia mente passarono frettolosamente due leggiadre Geishe tra i vicoli di Kyoto. Rividi i talismani cuciti nell’obi (cintura) dei loro soffici chimoni. Un amuleto portafortuna protegge, ma un talismano attira amore, energie positive, fortuna, salute ecc. Sorrisi alle geishe dei miei lontani ricordi e tornai dai miei Marimo.

Prendersene cura con amore

Desideravo far volteggiare le alghe, volevo che fossero felici. Così, presi le ampolle, le svuotai, sciacquai delicatamente i Marimo sotto l’acqua corrente, feci decantare la nuova acqua, sostituii il pietrisco grigio con uno bianco per far risaltare meglio il colore verde.

Rituffai le sfere nell’acqua. Caddero sul fondo, poi dopo pochi minuti iniziarono a prendere vita, a muoversi verso la superficie. Piccole bollicine d’acqua si attaccarono ai filamenti pluricellulari delle alghe e come danzando raggiunsero la superficie! Finalmente le osservai con uno sguardo nuovo. Cos’era successo alla mia anima? Era caduta anch’essa nel fondo su di un pietrisco scuro, aveva dovuto fare i conti con la vita che ognuno di noi conosce, i lutti, il lavoro, l’età, incertezze del futuro... Tutte quelle emozioni mi avevano turbata, era un disagio che non volevo ammettere. Marimo come un vecchio Bonzo di cento anni è venuto a farmi visita, e con l’infinita saggezza orientale mi ha esortato a prendermi cura di quell’anima che non volteggiava più, rinfrescarla, ossigenarla, accarezzarla.

Con la grazia di una Geisha poggiai l’ampolla sul bancone. Una cliente entrò in negozio cercando un omaggio per una casa nuova da inaugurare. «Le posso consigliare un Marimo?», dissi. «È una novità, viene dal Giappone, facile da curare, un talismano di energie positive!».

 

Anny Pellecchia

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Bianca come il Lilium

Ogni fiore è un’emozione, ogni emozione è un colore la serenità è pura e bianca

Anna è un medico in prima linea in quest’era di Covid. Quando finisce il turno in ospedale ha un desiderio: ritornare a casa lontano da tutti e tutto.

Una volta alla settimana, però, trova anche il tempo di passare nel mio negozio di fiori. È sempre molto provata: «La gente non si rende conto, in ospedale è un vero inferno», mi ripete. Vive quello che non avrebbe mai immaginato.

In negozio siamo tutti per lei. Ci racconta il piacere di disporre i fiori nel vaso, attendere che le grandi corolle si schiudano, levare delicatamente gli stami per non macchiare i candidi petali col polline. Durante la settimana, le mando qualche foto di fiori via WhatsApp, è il mio modo per darle conforto.

Il fiore dei fiori

Anna sceglie sempre un fiore vecchio come il mondo: il Lilium bianco. Forse perché i colori accesi in questo momento la stancano.

Il Lilium è un fiore che si perde nella notte dei tempi, figlio delle terre di Siria e Palestina. È presente nella vita di grandi civiltà, dai greci agli egizi fino ad arrivare nel lontano oriente. Aveva un significato e una funzione sacrale nei culti femminili, per questa ragione taluni lo considerano il fiore dei fiori “anthos antheon”.

E Anna, inconsciamente, proprio come le sacerdotesse greche, ripete quei gesti puri, che rasserenano l’animo. Le sue mani sono le stesse mani di quelle donne, incise su alcuni anelli ritrovati dagli archeologi a Isopata, nei pressi di Cnosso, o in affreschi micenei che raffigurano scene liturgiche.

Il profumo del Lilium è una cabala, un miscuglio di miele e pepe, dolce, acre, lieve, forte, allo stesso tempo. Per questa ragione molti clienti lo scartano a priori, ma con Anna è diverso. Lei conosce l’odore della sofferenza, una volta a casa si lascia cadere sul divano del salone, ammira i suoi fiori e chiudendo gli occhi aspira quel profumo di terre lontane. «Mi rilassa tutto questo», mi ha raccontato un giorno. La sua casa è il suo tempio, solo lì trova pace.

Ritemprarsi con le piante

Per tutti coloro che oggi lavorano in condizioni estreme, in reparti difficili, appesantiti da tute, mascherine, visiere e guanti, non è facile tornare al mondo esterno. I fiori per Anna sono diventati un appuntamento indispensabile per rafforzare il suo equilibrio interiore.

Questo deve far pensare a un futuro diverso. Sarebbe utile avere piante e fiori in tutti gli ospedali per permettere al personale sanitario di riposare la mente, assorbire energia positiva e ritornare in corsia con più concentrazione. Sono teorie scientificamente provate. Investire nel verde non è solo la scelta più giusta, ma migliora la vita.

Giacomo Leopardi, già lo aveva intuito lasciandoci tra i suoi scritti questo monito: «L’uomo si allontana dalla natura, e quindi dalla felicità, quando a forza di esperienze di ogni genere, ch’egli non doveva fare e che la natura aveva provveduto che non facesse».

Il Lilium cantato, dipinto, scolpito, modellato ha ispirato tutte le arti. La sua bellezza è andata in competizione con la rosa nella storia della Cristianità: «Come un giglio tra i cardi così la mia amata tra le fanciulle» (Antico Testamento). Sotto un velo di amore umano veniva simbolicamente celato l’amore di Dio verso gli uomini.

Senza contare la Sacra Famiglia, ben sedici Santi vengono raffigurati iconograficamente col bel fiore. Ne cito uno per tutti, San Antonio da Padova!

Il Lilium ‘Casablanca’ era fino agli anni ’80 il Re degli addobbi floreali in chiesa. Le spose accompagnate dai genitori non sentivano ragioni: «Casablanca, Casablanca, Casablanca!». Ho ancora negli occhi la figura di mio padre che, parlando ad alta voce tra sé, prendeva gli ultimi appunti in agenda per il matrimonio concordato.

Quanto tempo è passato e quante cose sono successe da allora. Una cosa però è sempre più chiara nella mia mente: la bellezza di cui è pregno il nostro lavoro di fioristi va difesa oggi più che mai. Dobbiamo continuare anche in tempi difficili ad esporre i nostri meravigliosi fiori e le nostre piante come antidoto ad uno dei tanti effetti collaterali del Covid: la tristezza.

Anna è un esempio per tutti noi, ama la sua professione, la sua dedizione è ammirevole, ma ha bisogno della magia dei fiori per attraversare questo campo di battaglia.

Un giorno tutto questo finirà e, come diceva, Cesare Pavese usciremo «per le strade cercando i colori […] I colori non piangono, sono come un risveglio: domani i colori torneranno».

 

Annie Pellecchia

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