Molti sono i venditori di vischio durante le festività natalizie, ma il nostro fornitore ufficiale è sicuramente Rocco e viene una volta l’anno dalla Basilicata con il suo ricco carico di Viscum album. Rocco è un uomo che ha vissuto talmente tanto in montagna che è un tutt’uno con essa! Ha un corpo agile come un gatto selvatico e gli occhi neri assomigliano a quelli dei lupi dei boschi appenninici. Viene accolto in magazzino con tutti gli onori. Per me rimane sempre un eroe; del resto per raccogliere il vischio sulle cime degli alberi si rischia davvero l’osso del collo.
Come tutti sanno, il vischio è una pianta semiparassita che vive in parte a spese di una pianta ospite, in cui affonda le sue radici specializzate, e in parte grazie al nutrimento prodotto dalla sua stessa clorofilla. Vederlo in natura non è difficile, soprattutto in inverno, quando gli alberi sono ormai spogli delle loro foglie. Basta allontanarsi dalle città, una passeggiata fuori porta, alzare il naso all’insù ed ecco scorgere i grandi cespugli tondeggianti appollaiati sui rami di querce, castagni, pioppi, abeti, pini, meli, peri ecc. E pensare che è propagato dagli uccelli! Questi ultimi infatti sono ghiotti delle bacche bianche e carnose. A fine pasto strofinano sulla corteccia i semi vischiosi rimasti nel becco. Devo confessare che anch’io ho cercato di far appiccicare i semi delle bacche agli alberi di casa, ma senza successo. Mi mancavano sicuramente le ali per posizionarli ad altezze migliori!
Da noi il 31 dicembre è il giorno del vischio per tradizione. In negozio è una vera festa! Rami di ogni dimensione sono pronti per essere venduti. Grandi fasci per feste in casa e nei locali, ma anche piccoli fascetti da passeggio per chi deciderà di brindare in piazza e per le strade della città. Li confezioniamo senza cellofan o altri fronzoli, giusto un fiocco rosso e un gancio per appenderli il più alto possibile. Nessuno rinuncia al fatidico bacio sotto il vischio! La bacca perlacea e appiccicaticcia è beneaugurante e propiziatrice per lunghi legami di amicizia e d’amore. È una pianta con una forte sacralità, è la pianta più vicina al cielo, più vicina a Dio.
Il Vischio porta con sé mille storie e leggende. Plinio il vecchio, 2000 anni fa, già ne parlava nel “Naturalis historia”: aveva visto i Druidi, così venivano chiamati i maghi della Bretagna, che usavano il vischio nei loro riti sacri. Erano convinti che la pianta avesse poteri miracolosi nella guarigione di molte malattie ed era considerata un ottimo antidoto contro malefici e sortilegi. Era la divinità celeste che sceglieva quale albero dovesse accogliere la pianta e automaticamente il bosco diventava un luogo sacro.
Lasciando i paesi freddi del Nord Europa raggiungiamo il Sud Italia dove Virgilio rende protagonista il vischio in una delle pagine cruciali dell’Eneide. Questa volta è una maga, la Sibilla cumana, a spiegare ad Enea come proseguire il suo difficile viaggio. Quando si entra fisicamente nell’antro della Sibilla a Cuma non si può far a meno di rivivere quei momenti tragici letti sui banchi di scuola. Enea è disperato, senza patria, stanco. È inginocchiato ai piedi della veggente. Vuole un indizio, un aiuto, una speranza, un conforto per scendere nel buio Tartaro. Vuole rivedere suo padre, Anchise, ancora una volta. Enea aveva fatto di tutto per salvare anche il vecchio padre dalla distruzione di Troia. Nella fuga rocambolesca l’aveva caricato sulle sue spalle, ma una volta arrivati sulle rive della Sicilia il genitore era morto stremato dagli eventi. La storia di ieri si ripete nella storia di oggi con la stessa tragicità. Tutta questa gente, che approda sulle nostre spiagge, racconta storie non tanto diverse dal racconto epico virgiliano. La differenza sta nel fatto che allora una città, Troia, fu distrutta e massacrata, oggi intere nazioni sono flagellate da guerre civili e d’interesse.
Se Enea nella sua disperazione aveva una possibilità di conquista territoriale per sé e per la sua gente, oggi questo esodo biblico, di cui siamo inerti spettatori, non può aspirare a nessuna “Nuova America”, perché entra in una Europa che non ha né i mezzi né la volontà di affrontare una realtà così complessa.
Si parla di cattive politiche di accoglienza e di integrazione, di difficoltà economiche, ma mi chiedo, perché non si parla di pace? Perché non ci sono uomini di buona volontà che si impegnano per riportare la pace nelle terre di questa povera gente?
Siamo tutti davanti al buio del Tartaro. Tutti abbiamo paura di attraversalo perché sappiamo dell’inferno che ci attende se non si troverà una soluzione. “ …Non puoi scendere nei segreti della terra se prima dall’albero non hai staccato il virgulto dalle foglie d’oro”. La Sibilla, attraverso le sue indicazioni, mette nelle mani di Enea, viaggiatore sperduto nelle tenebre, una pianta luminosa il Vischio, che gli servirà da lampada per rischiarare i suoi passi.
Tutti noi sappiamo l’epilogo della storia: Enea rivedrà il padre che gli profetizzerà la nascita di Roma. Ecco, mai come quest’anno vorrei che il Vischio si appropriasse di un nuovo significato. Che portasse la luce della ragione, della pietas a chi ha il potere di cambiare davvero le cose. Oltre il buio c’è la luce, la vita per un nuovo inizio. L’unica Terra promessa oggi è la Pace e la fratellanza tra i popoli.
Auguri di Buon Anno a tutti!
Anny Pellecchia
Leggi gli altri articoli del BLOG - Donna tra i Fiori.
Copyright © Ugo Pellecchia & Il Floricultore n. 12, Dicembre 2013