Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti.
Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie,  clicca qui.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.
  • +39 089 227502
  • Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
  • 9:00-13:30 17:00-20:00
Tre grandi scrittrici ed i fiori

Ho incontrato tre donne in questi anni di vita, tre donne con le quali ho potuto conversare delle stesse passioni: la scrittura e l’amore dei fiori. Sicuramente le conoscete: Emily DickinsonMatilde Serao e Grazia Deledda.

Tre donne che attraverso la scrittura hanno trovato rifugio, sfogo, cura dell’anima, consolazione e per tutta la vita hanno tanto amato i fiori. Una grandissima differenza però divide le due italiane da Emily. Quest’ultima osannata e divulgata dal suo paese d’origine (Stati Uniti d’America – NdR) è diventata un’icona conosciuta in tutto il mondo. Matilde e Grazia, pur essendo due eccezionali scrittrici, invece non sono state degnamente celebrate e onorate, secondo il mio pensiero, sia dal mondo accademico e sia dal mondo del verde.

Matilde, regina di fiori

La penna di Donna Matilde porta con sé tutta la bellezza della Grecia che le diede i natali e tutta l’energia di Parthenope, Napoli, la città d’adozione. Matilde amava i fiori freschinella sua casa non mancavano mai. «I fiori sorriso di tutte le stagioni [...] Dio non lascia mai gli uomini senza fiori [...] I fiori sono la poesia immortale della terra [...] Il fiore è bello perché è fugace, perché è la promessa di altri fiori [...] Amate i fiori!». Slogan immortali. Era la voce nazionale che incitava ad amare i fiori e le piante, ad acquistarli, ad adornare con essi le case e la propria vita! «...Fra i pesanti velluti...fra i cupi colori delle tappezzerie orientali, voi potete mettere delle belle, delle floride, delle magnifiche piante che ravvivino tutto questo e che vi creino l’illusione della campagna, del colle, del bosco». Con il suo carattere esuberante, bacchettava i fioristi napoletani quando “ferravano” i fiori, e rimproverava le «care italiane mie, care sorelle mie... voi non sapete amare i fiori [...] voi non ne conoscete neppure i nomi più comuni!».

Matilde portava il grande cruccio di una nazione – quella italiana – distratta verso il mondo del verde: «Come si spiega che fra noi non esista né il culto né l’amore per i fiori?». Per Lei era «una armoniosa corda mancante» di un Paese che amava tutto, da Nord a Sud. Apprezzava la flora delle Alpi, dove si rifugiava spesso, i boschi degli Appennini e il profumo dei fiori spontanei sbocciati in primavera, degli orti, dei giardini, delle terrazze, dei balconi napoletani.

Grazia di nome e di fatto

Grazia Deledda invece come Emily è chiusa in un giardino. Ma il suo giardino è silenzioso, arcaico, selvatico e si chiama Sardegna. Quanta natura nei suoi scritti. Le macchie di lentisco, ginepro, le muraglie di fichi d’india, i boschi di sughero, di carrubi, i giuncheti, i bassi ontani lungo il fiume, le siepi di rovi e di euphorbie. Ne conosce il profumo, la poesia, la magia. Una magia donata al cuore di chi sa guardare.  Grazia è figlia del Dio Pan. «...La giornata dell’uomo lavoratore era finita, ma cominciava la vita fantastica dei folletti delle fate degli spiriti erranti». I suoi personaggi nell’immensità di una natura prepotente dell’isola quasi si confondono con essa. Le sue pagine sono piene di similitudini, un modo di legare la natura alle persone, come le donne nel giorno di festa con i loro abiti ricamati da sembrare un campo di fiori.

Grazia è semplicemente meravigliosa, la sua scrittura è saggia come la tradizione popolare di cui la sua antica terra è pregna. La grazia non è solo nel nome che porta, ma anche nei gesti dei suoi personaggi. Come quello di Efix, l’umile servitore di “Canne al vento” che coglie ora una violaciocca, ora un gelsomino, ora una viola, ora una margherita. Quando muore, la sua padrona, «ricordandosi che gli piacevano i fiori, spiccò un geraneo dal pozzo e glielo mise tra le dita».

L’incanto della vita

Matilde, Grazia ed Emily, non si sono mai incontrate, ma mille cose le legano l’una all’altra. Nel loro intelletto e nella loro anima scorre nettare di fiori. Soprattutto tutte e tre hanno protetto quel sogno fatto di folletti, fiori, fate, profumi, lune piene... che le ha aiutate a vivere, a soffrire, ad amare e a morire. 

Annie Pellecchia

Leggi gli altri articoli del BLOG - Donna tra i Fiori.

Copyright © Ugo Pellecchia & Il Floricultore

 


 
1970 – 2022 Bentornate Idroponiche!

Me lo ricordo il negozio negli anni ‘70 ! Ero solo una bambina, ma all’epoca si cresceva dietro i banconi dell’attività dei genitori...Ricordo le mensole con i moderni vasi Vastil dalle forme stravaganti, coloratissimi o verde trasparente; con riserva d’acqua!
Ricordo l’entusiasmo dei miei genitori nel presentare ai clienti la novità assoluta di quegli anni fulgenti!
“ Idroponiche. Piante che vivono in acqua,con pochissima manutenzione!”
Per la donna moderna sempre di corsa (tra casa, lavoro e bambini; o in ufficio) in ogni luogo la pianta Idroponica è la soluzione perfetta!
All’epoca quattro erano i punti fondamentali di tanto successo della coltura in idrocoltura:
poche cure; nessuna necessità di particolari conoscenze specifiche; resistenza (anche per lunghi periodi di assenza dovuti a vacanza, o lavoro); lunga vita della pianta!
Un successo! Le piante si compravano come il pane! Insieme alle piante spesso si accompagnava l’acquisto di una sostanza “magica” racchiusa in un barattolino bianco con la scritta, di colore verde del prodotto ( Lewatit) …Concime specifico, insostituibile perché il “miracolo”- grazie alla Chimica- si compisse.
Granellini di colore arancio venivano versati nel fondo del vaso e voilà la panacea del vivere si rivelava finalmente possibile!
Infatti il fertilizzante “a scambio ionico” era la chiave vincente della moderna idrocoltura anni 1970!
Bastavano pochi grammi di prodotto e la cura della pianta veniva ridotte al minimo.
Solo ogni sei mesi era necessario il cambio dell’acqua.
Infatti l’acqua con sorpresa generale di noi tutti durante i lunghi mesi, rimaneva ricca di sostanze nutrienti e limpida!
Ancora fino a pochi anni fa qualche anziana signora mi chiedeva il concime “miracoloso”, memore dei lontani anni ‘70!
Sembrava che il fantastico mondo dell’idrocoltura fosse caduto nell’oblio...finché (poche settimane fa) i fornitori del mercato spedirono le immagini dei i nuovi arrivi tramite Whatsapp!
Incredula ingrandii l’immagine ..bocce d’acqua su basi luminose, contenenti piante di Ficus lobata, Monstera, Philodendron... Bottiglie colorate contenenti anch’esse piante in idrocoltura…Altre forme stravaganti di vetri con le stesse varietà.
Si può immaginare il mio entusiasmo! Le piante Idroponiche di nuovo tra noi !
In effetti in tutti questi anni l’idrocoltura, quantunque sparita dalle mensole dei fioristi, aveva intrapreso un percorso molto importante: la produzione di frutta e verdura in luoghi desertici.
Nei super mercati degli Emirati non sarà difficile trovare confezioni di fragole, mirtilli, pomodori, cetrioli , insalate prodotti in fattorie Idroponiche!
Ma la scommessa da qui al 2050 è molto più ardua.
Entro il 2050 la popolazione mondiale si prevede sarà 9,7 miliardi di persone. Con tale “aumento vorticoso” di persone ci sarà (inevitabilmente) una cospicua riduzione di terre coltivabili.
Tali -colossali-cambiamenti demografici, richiederanno studi di nuovi metodi di produzione.
Le “Fattorie verticali”, previste per “ produzioni di specie vegetali su più livelli sovrapposti” potrebbero essere la chiave di drastica e consistente svolta.
Le produzioni cambierebbero il loro spazio: da orizzontali diventerebbero verticali...ovviando così il consumo del suolo.
In più, la riduzione dell’uso di pesticidi e agrofarmaci; il risparmio idrico (fino al 90% contro l’attuale, all’aperto), il controllo delle soluzioni nutritive e la relativa semplicità di realizzazione ...fanno ben sperare in un” mondo più consapevole”.
Modelli innovativi di’ necessità planetaria’... in un vicino futuro potrebbero essere inseriti anche in contesti più piccoli come le “formule” di orti urbani.
Intanto in negozio, nuove generazioni guardano incuriositi le “nuove” piante Idroponiche! Belle da esporre in salone; bar, studio, ristoranti… La luce, l’acqua, le radici, la chioma verde creano nuove atmosfere ed arredamenti “glamour”.
Una cliente avvicinandosi ammaliata, ne compra una.
Sarà ‘la luce da notte’ della stanza della figlia.
-Mi piace pensare a quest’immagine: una bambina che si addormenta guardando al Futuro.
Le nuove generazioni hanno il diritto di godere la bellezza del pianeta Terra.
Sarà possibile solo suscitando “nuove coscienze ambientai” su scala mondiale!

Annie Pellecchia

Leggi gli altri articoli del BLOG - Donna tra i Fiori.

 Copyright © Ugo Pellecchia

 

 


 
Il cuore grande dell’Anthurium

Bella, romantica, esotica e per di più longeva e benefica. Il viaggio di Anny fra le meraviglie della natura ricomincia con una pianta che inneggia all’amore, il sentimento che dà un senso alla vita di noi tutti

Un grande vaso di fiori di Anthurium recisi è sempre in bella mostra per dare il benvenuto a tutti i clienti che entrano nel nostro negozio di fiori.

Mio padre ne andava matto, tagliava grandi foglie di palma o di Strelitzia augusta per creare lo sfondo adatto e con il suo magico entusiasmo contagiava inevitabilmente tutti quelli che gli erano vicini. Ammaliava le signore della ricca società con il suo savoir-faire. Accolte come delle dive, venivano invitate ad ammirare i cuori delle Hawaii e naturalmente ognuna di loro non poteva che farsi mandare a casa quel sogno esotico fatto di Anthurium con tanto di foglia gigantesca.

Debutta Choco e diventa una star

Dai miei ricordi di bambina anni ’70 ad oggi, ne ha fatta di strada l’Anthurium. A quei tempi le varietà di fiori recisi non arrivavano a dieci, mentre adesso, grazie all’ibridazione, abbiamo una quantità incredibile di colori e sfumature. Il primo ad aprire le danze di ciò che da lì a poco avremmo potuto godere fu l’Anthurium colore cioccolato.

Ricordo ancora lo stupore per il primo ‘Choco’! Fu scelto un nome così intrigante per il lancio di un colore del tutto innovativo. Era perfetto lavorato a Natale con elementi oro, oppure in estate accoppiato con tinte a contrasto per esaltarne la particolarità! E poi chiunque amasse il cioccolato non poteva non desiderarlo o comunque rimanerne incuriosito.

Poi ci furono i meravigliosi stand alle fiere del settore e lì davvero non bastavano due occhi per guardare ciò che l’uomo era stato capace di creare. Non solo un carnet di colori incredibile, fino agli estremi glitterati, ma anche le varie dimensioni della brattea e dello spadice si prestavano per infiniti lavori che avremmo poi realizzato.

Dalle misure maxi, perfette per scenografie di grandi ambienti, fino alle mignon, per deliziosi bouquet leggeri e resistenti soprattutto alle temperature estreme estive.

Resiste e purifica

Eh sì, perché come tutti sanno, il fiore di Anthurium può durare anche un mese se ben accudito. Più di una volta i clienti hanno elogiato la resistenza dei fiori acquistati diverse settimane prima in negozio: «Incredibile, un mese di bellezza!». E così l’Anthurium conquista la fidelizzazione dell’acquisto sicuro, che per un fiore non è poco.

Per non parlare delle piante in vaso, che tra quelle domestiche sono le più longeve e purificatrici dell’aria.

I fiori a forma di cuore sono senza alcun dubbio tra i più duraturi sulla Terra. L’ennesima prova della straordinaria capacità creativa della Natura.

 

Annie Pellecchia

Leggi gli altri articoli del BLOG - Donna tra i Fiori.

Copyright © Ugo Pellecchia & Il Floricultore