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Muscari, leggiadri fiori blu

Leggiadri fiori di un blu intenso o rozzi cipolloni amarognoli? I Muscari sono l’una e l’altra cosa, ma in ogni caso saranno le amorevoli cure a farli crescere copiosamente perché possano allietare le giornate.

Ho bisogno di camminare, ora più che in passato, ho bisogno di immergermi nella natura attraverso i sentieri che qui dalle mie parti chiamano mulattiere, un intricato dedalo di stradine acciottolate o in terra battuta che nel passato univano come un filo d’Arianna tutti i paesini della Costiera Amalfitana. La dolce brezza primaverile mi accarezza il viso, mi allontano sempre di più dai rumori della civiltà, da fiumi di parole inconsistenti, dai ritmi di vita uguali giorno dopo giorno.

«È strano, ma per la prima volta nella mia vita mi sento inadeguata al mondo di oggi». Ecco questa frase la pronunciai qualche giorno fa in negozio di fronte ad un’anziana cliente che aveva appena acquistato una primula. La signora, senza scomporsi, mi rispose che molti vivono lo stesso disagio. Era per questo semplice motivo che aveva scelto una primula gialla, voleva che nella sua casa entrasse una luce, che i suoi nipotini, attesi a pranzo di lì a poco, si nutrissero non solo del cibo da lei amorevolmente cucinato ma anche di quel giallo-primula e dei suoi sorrisi di nonna. E poi aggiunse: «Non abito vicino, sa, ma ho deciso di fare una passeggiata e allungarmi fin da lei, perché qui in questo negozio c’è anima!».

Soavi melodie floreali

Anima dal greco ànemos, soffio, vento. È per questo che mi sono spinta fin qui nella natura, per rianimare quel soffio vitale, poetico che per me è ragione di vita. Un carrubo dalle lucide foglie ovali apre il sentiero, ce ne sono parecchi in questa area geografica, meravigliosi esemplari con i loro tronchi centenari si alternano ad alberi di ulivo. Le piante come in una perfetta sinfonia si susseguono l’un l’altra, ognuna con il proprio timbro e colore, il viburno risuona di echi leggere, adagio di trifogli in fiore, ombre cespugliose di Laurus nobilis, bordone di cupi alberi di leccio cedono il passo al risonante accordo di una colonia di querce. Ed è in questo “climax musicale” di semioscurità che lievemente, in dolce progressione, spunta un piccolo leggiadro Muscaro blu. Quant’è breve la sua fioritura: il primo caldo lo farà svanire per ritornare ancora come una promessa d’amore l’anno che verrà.

Fiori e simpatia, connubio perfetto

Mi ha sempre attratto questo piccolo fiore, un mini grappolo d’uva capovolto, dal blu intenso tra i più belli in natura. Al Mercato dei Fiori, dove mi approvvigiono solo da pochi anni, si trovano graziosi mazzolini di queste meraviglie turchine, alle quali non so resistere! Li compro per pura gioia, non mi importa se li venderò o meno, saranno miei finché qualcuno non li vorrà comprare. Se appassiranno in negozio poco importa, sapranno di essere stati celebrati, fotografati, raccontati ad ogni cliente.

In commercio si possono trovare anche in vaso. Regaleranno la magica sorpresa di vivere la fioritura in casa o sul davanzale.

Mario, un gentile cliente napoletano trapiantato a Salerno, ogni volta che passa mi saluta, ammira le piante, le fotografa, mi tagga! È impossibile non regalargli un fiore per ricambiare la sua gioia innata. Così anche un vasetto di bulbi di Muscari un giorno finì tra le sue mani: «Conosci i Muscari? Vedrai, ti conquisteranno!», gli dissi salutandolo.

In negozio vive un detto antico che spesso usava mio padre: «Dove c’è simpatia non c’è perdenza!». Non esiste solo la legge del “dio denaro” ma anche quella della cordialità, del sorriso, della chiacchera, dell’omaggio disinteressato che ti cambia la giornata e ti accarezza l’anima. Mario, da buon napoletano, mi mandò dopo poche ore un messaggio: «Anny, ma i Muscari sono lampascioni (cipolle)?». Accipicchia, non ci avevo mai fatto caso! Effettivamente in certe aree meridionali i Muscari di alcune specie (ad esempio M. pyramidale, M. comosum ecc.) vengono cotti e mangiati. Lo richiamai immediatamente: «Mario, per piacere, dammi soddisfazione, falli fiorire prima e poi te li mangi!!!», dissi scherzosamente. Infine aggiunsi: «E poi domani è domenica, per la genovese questi non vanno bene!». Così tra una risata e i Muscari in salvo, chiusi la saracinesca del negozio. Un’altra giornata era finita, calava il sipario sul nostro meraviglioso mondo di fiori. Pronto a riaprirsi l’indomani.

Annie Pellecchia

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Tre grandi scrittrici ed i fiori

Ho incontrato tre donne in questi anni di vita, tre donne con le quali ho potuto conversare delle stesse passioni: la scrittura e l’amore dei fiori. Sicuramente le conoscete: Emily DickinsonMatilde Serao e Grazia Deledda.

Tre donne che attraverso la scrittura hanno trovato rifugio, sfogo, cura dell’anima, consolazione e per tutta la vita hanno tanto amato i fiori. Una grandissima differenza però divide le due italiane da Emily. Quest’ultima osannata e divulgata dal suo paese d’origine (Stati Uniti d’America – NdR) è diventata un’icona conosciuta in tutto il mondo. Matilde e Grazia, pur essendo due eccezionali scrittrici, invece non sono state degnamente celebrate e onorate, secondo il mio pensiero, sia dal mondo accademico e sia dal mondo del verde.

Matilde, regina di fiori

La penna di Donna Matilde porta con sé tutta la bellezza della Grecia che le diede i natali e tutta l’energia di Parthenope, Napoli, la città d’adozione. Matilde amava i fiori freschinella sua casa non mancavano mai. «I fiori sorriso di tutte le stagioni [...] Dio non lascia mai gli uomini senza fiori [...] I fiori sono la poesia immortale della terra [...] Il fiore è bello perché è fugace, perché è la promessa di altri fiori [...] Amate i fiori!». Slogan immortali. Era la voce nazionale che incitava ad amare i fiori e le piante, ad acquistarli, ad adornare con essi le case e la propria vita! «...Fra i pesanti velluti...fra i cupi colori delle tappezzerie orientali, voi potete mettere delle belle, delle floride, delle magnifiche piante che ravvivino tutto questo e che vi creino l’illusione della campagna, del colle, del bosco». Con il suo carattere esuberante, bacchettava i fioristi napoletani quando “ferravano” i fiori, e rimproverava le «care italiane mie, care sorelle mie... voi non sapete amare i fiori [...] voi non ne conoscete neppure i nomi più comuni!».

Matilde portava il grande cruccio di una nazione – quella italiana – distratta verso il mondo del verde: «Come si spiega che fra noi non esista né il culto né l’amore per i fiori?». Per Lei era «una armoniosa corda mancante» di un Paese che amava tutto, da Nord a Sud. Apprezzava la flora delle Alpi, dove si rifugiava spesso, i boschi degli Appennini e il profumo dei fiori spontanei sbocciati in primavera, degli orti, dei giardini, delle terrazze, dei balconi napoletani.

Grazia di nome e di fatto

Grazia Deledda invece come Emily è chiusa in un giardino. Ma il suo giardino è silenzioso, arcaico, selvatico e si chiama Sardegna. Quanta natura nei suoi scritti. Le macchie di lentisco, ginepro, le muraglie di fichi d’india, i boschi di sughero, di carrubi, i giuncheti, i bassi ontani lungo il fiume, le siepi di rovi e di euphorbie. Ne conosce il profumo, la poesia, la magia. Una magia donata al cuore di chi sa guardare.  Grazia è figlia del Dio Pan. «...La giornata dell’uomo lavoratore era finita, ma cominciava la vita fantastica dei folletti delle fate degli spiriti erranti». I suoi personaggi nell’immensità di una natura prepotente dell’isola quasi si confondono con essa. Le sue pagine sono piene di similitudini, un modo di legare la natura alle persone, come le donne nel giorno di festa con i loro abiti ricamati da sembrare un campo di fiori.

Grazia è semplicemente meravigliosa, la sua scrittura è saggia come la tradizione popolare di cui la sua antica terra è pregna. La grazia non è solo nel nome che porta, ma anche nei gesti dei suoi personaggi. Come quello di Efix, l’umile servitore di “Canne al vento” che coglie ora una violaciocca, ora un gelsomino, ora una viola, ora una margherita. Quando muore, la sua padrona, «ricordandosi che gli piacevano i fiori, spiccò un geraneo dal pozzo e glielo mise tra le dita».

L’incanto della vita

Matilde, Grazia ed Emily, non si sono mai incontrate, ma mille cose le legano l’una all’altra. Nel loro intelletto e nella loro anima scorre nettare di fiori. Soprattutto tutte e tre hanno protetto quel sogno fatto di folletti, fiori, fate, profumi, lune piene... che le ha aiutate a vivere, a soffrire, ad amare e a morire. 

Annie Pellecchia

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Copyright © Ugo Pellecchia & Il Floricultore

 


 
1970 – 2022 Bentornate Idroponiche!

Me lo ricordo il negozio negli anni ‘70 ! Ero solo una bambina, ma all’epoca si cresceva dietro i banconi dell’attività dei genitori...Ricordo le mensole con i moderni vasi Vastil dalle forme stravaganti, coloratissimi o verde trasparente; con riserva d’acqua!
Ricordo l’entusiasmo dei miei genitori nel presentare ai clienti la novità assoluta di quegli anni fulgenti!
“ Idroponiche. Piante che vivono in acqua,con pochissima manutenzione!”
Per la donna moderna sempre di corsa (tra casa, lavoro e bambini; o in ufficio) in ogni luogo la pianta Idroponica è la soluzione perfetta!
All’epoca quattro erano i punti fondamentali di tanto successo della coltura in idrocoltura:
poche cure; nessuna necessità di particolari conoscenze specifiche; resistenza (anche per lunghi periodi di assenza dovuti a vacanza, o lavoro); lunga vita della pianta!
Un successo! Le piante si compravano come il pane! Insieme alle piante spesso si accompagnava l’acquisto di una sostanza “magica” racchiusa in un barattolino bianco con la scritta, di colore verde del prodotto ( Lewatit) …Concime specifico, insostituibile perché il “miracolo”- grazie alla Chimica- si compisse.
Granellini di colore arancio venivano versati nel fondo del vaso e voilà la panacea del vivere si rivelava finalmente possibile!
Infatti il fertilizzante “a scambio ionico” era la chiave vincente della moderna idrocoltura anni 1970!
Bastavano pochi grammi di prodotto e la cura della pianta veniva ridotte al minimo.
Solo ogni sei mesi era necessario il cambio dell’acqua.
Infatti l’acqua con sorpresa generale di noi tutti durante i lunghi mesi, rimaneva ricca di sostanze nutrienti e limpida!
Ancora fino a pochi anni fa qualche anziana signora mi chiedeva il concime “miracoloso”, memore dei lontani anni ‘70!
Sembrava che il fantastico mondo dell’idrocoltura fosse caduto nell’oblio...finché (poche settimane fa) i fornitori del mercato spedirono le immagini dei i nuovi arrivi tramite Whatsapp!
Incredula ingrandii l’immagine ..bocce d’acqua su basi luminose, contenenti piante di Ficus lobata, Monstera, Philodendron... Bottiglie colorate contenenti anch’esse piante in idrocoltura…Altre forme stravaganti di vetri con le stesse varietà.
Si può immaginare il mio entusiasmo! Le piante Idroponiche di nuovo tra noi !
In effetti in tutti questi anni l’idrocoltura, quantunque sparita dalle mensole dei fioristi, aveva intrapreso un percorso molto importante: la produzione di frutta e verdura in luoghi desertici.
Nei super mercati degli Emirati non sarà difficile trovare confezioni di fragole, mirtilli, pomodori, cetrioli , insalate prodotti in fattorie Idroponiche!
Ma la scommessa da qui al 2050 è molto più ardua.
Entro il 2050 la popolazione mondiale si prevede sarà 9,7 miliardi di persone. Con tale “aumento vorticoso” di persone ci sarà (inevitabilmente) una cospicua riduzione di terre coltivabili.
Tali -colossali-cambiamenti demografici, richiederanno studi di nuovi metodi di produzione.
Le “Fattorie verticali”, previste per “ produzioni di specie vegetali su più livelli sovrapposti” potrebbero essere la chiave di drastica e consistente svolta.
Le produzioni cambierebbero il loro spazio: da orizzontali diventerebbero verticali...ovviando così il consumo del suolo.
In più, la riduzione dell’uso di pesticidi e agrofarmaci; il risparmio idrico (fino al 90% contro l’attuale, all’aperto), il controllo delle soluzioni nutritive e la relativa semplicità di realizzazione ...fanno ben sperare in un” mondo più consapevole”.
Modelli innovativi di’ necessità planetaria’... in un vicino futuro potrebbero essere inseriti anche in contesti più piccoli come le “formule” di orti urbani.
Intanto in negozio, nuove generazioni guardano incuriositi le “nuove” piante Idroponiche! Belle da esporre in salone; bar, studio, ristoranti… La luce, l’acqua, le radici, la chioma verde creano nuove atmosfere ed arredamenti “glamour”.
Una cliente avvicinandosi ammaliata, ne compra una.
Sarà ‘la luce da notte’ della stanza della figlia.
-Mi piace pensare a quest’immagine: una bambina che si addormenta guardando al Futuro.
Le nuove generazioni hanno il diritto di godere la bellezza del pianeta Terra.
Sarà possibile solo suscitando “nuove coscienze ambientai” su scala mondiale!

Annie Pellecchia

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