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La Rosa, l’amore e il numero 5

“Una rosa, è una rosa, è una rosa”. Suona così uno dei più celebri versi di Gertrude Stein, che di fronte alla meraviglia di questo fiore s’arrende e non trova altre parole per celebrarlo. Eppure la rosa è un simbolo complesso, che proviamo a svelare in queste pagine

L’amore è quel sentimento che, nonostante avversità, guerre, epidemie, burrasche, busserà sempre alla porta di un fiorista. Sì avete letto bene! Un fiore per dire “ti amo” e dietro quel “ti amo” si affollano altri mille pensieri... “io ci sarò sempre”, “scusami”, “ci rivediamo”, “condividiamo”, “creiamo”, “amiamoci”, e chi più ne ha più ne metta.

La Rosa rossa rimane sempre la regina di cuori. Un fiore disponibile ovunque nel pianeta, da tempi immemorabili. Voglio esagerare: molto prima della comparsa dell’uomo sulla Terra. La sua vita conta decine di milioni di anni, una roccia spaccata in due è la traccia del suo fossile che attesta il primo patto d’amore.

Nel segno del cinque

La carezza di cinque petali, uno stelo, le spine, un sigillo di sentimenti tra Natura e Creato.

Cinque, un numero speciale, unione di luce e cuore, un numero a cui le culture del pianeta hanno dato un ruolo importante.

Cinque è il simbolo dell’Uomo Universale (Uomo vitruviano). I pitagorici riservano al 5 il matrimonio tra femminile e maschile, essendo la somma del primo numero pari 2 e del primo numero dispari 3. Cinque sono gli elementi (acqua, aria, terra, fuoco ed etere), cinque i sensi (vista, udito, tatto, gusto, odorato). Cinque le dita della mano.

Cinque, “la mano” nella smorfia napoletana. Un simbolo di grande valore, la mano infatti comunica con gli esseri viventi ma anche col divino, la mano di Fatima è la chiave delle conoscenze segrete per i mussulmani.

Non c’è rosa senza spine?

Anno dopo anno, le rose, sempre più belle, sempre più perfette, arrivano ai mercati generali. Le corolle omogenee, vellutate, leggermente profumate, di colore intenso, ricche di petali, sono davvero un’opera d’arte. Le spine invece sono quasi sparite!

Tempi lontani quelli di Nilla Pizzi, quando nel 1958 in “Grazie dei fiori” cantava: «In mezzo a quelle rose ci sono tante spine, memorie dolorose di chi ha voluto bene».

L’amor che move il sole e l’altre stelle

Ah, l’amore! Spesso così mal gestito da uomini e donne ostinati a desiderare ciò che non è in loro potere, declinando così il proprio amore nell’infelicità.

Può succedere a ognuno di noi prima o poi di venire impossessato da un demone che ci porta fuori strada.

Amore ai tempi d’oggi è una parola usata come un frullatore. Bisognerebbe fermarsi un attimo, allontanare lo sguardo dai nostri cellulari e riascoltare le parole dei nostri padri. Gli antichi greci distinsero l’amore con tre nomi: Eros, Agape e Philos.

Eros è l’amore carnale, desiderio, bramosia dei sensi, è un fuoco divoratore, che tutto vuole e tutto prende, e tanto più prende più ci destabilizza nel momento in cui questo fuoco si affievolisce e ci si ritrova spesso soli.

Ma non bisogna cadere in depressione, perché c’è ancora da conoscere Philos, un amore profondo, vero, un amore di cui ci si può fidare, un amore che può tenere legati un uomo e una donna ma anche un’amicizia, che può unire fratelli, parenti, o può stringerci a un animale domestico, è un amore-amicizia che ci fa compagnia, non ci fa sentire soli. È importantissimo nella vita di ognuno di noi e merita molta attenzione, perché ci accarezza ci protegge. È un filo invisibile che antepone prima della nostra felicità quella dell’altro. Eccolo Philos, quando entra in negozio è fatto di girasoli, tulipani, fresie, è tutto colorato, e quante belle parole porta con sé: «Sei il mio porto sicuro… Amica mia ti voglio bene… Sempre amici per la pelle».

Alla fine c’è Agape, l’amore spirituale, che eleva l’uomo verso la divinità, il Creato che ci circonda, la distesa del mare, le vette delle montagne, le sterminate pianure, il profumo del bosco… Agape è un patto divino di pace e prosperità tra Dio e l’umanità. Una stretta di mano, 5 dita, 5 petali sigillati per sempre in una roccia. 

 

Anny Pellecchia

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Il linguaggio dei fiori, arma a doppio taglio

Il linguaggio dei fiori, arma a doppio taglio 

  

Se da una parte la simbologia attribuita ai fiori ha favorito il successo di molte specie, dall’altra però ne ha messo letteralmente al bando altre, inconsapevoli portatrici di significati negativi, come le ortensie in Puglia o i garofani in Campania. Per non parlare poi dei crisantemi

  

Quest’estate ho ricevuto in regalo da un amico un libro con una bellissima dedica: «Non credo che per te i fiori abbiano segreti». Il libro è “Il linguaggio segreto dei fiori” di Vanessa Diffenbaugh, scrittrice emergente americana.

Sinceramente non l’avrei comprato né letto; di solito sfuggo i casi letterali frutto di tam tam mediatici più o meno “pilotati”, ma l’affetto per la persona che me l’ha donato e le sue aspettative perché lo leggessi non mi hanno dato scelta. C’era poi un ulteriore ostacolo verso questa lettura: la personale avversione per il cosiddetto “linguaggio dei fiori”, già dichiarata in un mio passato articolo. La motivazione è semplice: mio padre, così come tanti suoi colleghi, ha impiegato quasi 30 anni per convincere i clienti che una rosa gialla è qualcosa di semplicemente meraviglioso e non significa affatto gelosia, odio o infedeltà.

Sicuramente il libro ha una storia scorrevole, parla di solitudini, e piacevole è il filo conduttore dei fiori che accompagna dall’inizio fino alla fine i protagonisti della storia. Spero però che tutto il successo rimanga strettamente legato alla scrittrice, perché chi lavora nel settore florovivaistico sa bene che il linguaggio dei fiori può uccidere una varietà se il suo significato è negativo. Purtroppo di crociate per salvare i fiori o piante ne sono state fatte e se ne fanno ancora nei negozi di fiori. I poveri fioristi pugliesi non possono vendere ortensie, i campani devono rinunciare ai garofani, per non parlare della grande fatica di tutti i fioristi italiani per “sdoganare” i bellissimi crisantemi.

Eppure i fiori, tutti i fiori, hanno mille storie da raccontarci; basti pensare alla loro comparsa sul pianeta Terra; sapete la loro data di nascita? Gli studi dei paleobotanici sui fossili li hanno datati a ben 245 milioni di anni fa!

Sia chiaro, mi interessa e so che la simbologia dei fiori e delle piante è stata da sempre uno dei massimi linguaggi simbolici, tanto della cultura orale e contadina come in quella dotta ecclesiastica e cortese. Per esempio, decifrare il significato delle piante negli arazzi tardo-gotici, è un vero rompicapo! E che dire degli enigmi da risolvere, messaggi coperti, oppure chiavi filosofiche come l’Aquilegia, simbolo del perfetto amore per certe opere della cerchia leonardesca?

È proprio per questo motivo che non mi piace rilegare il linguaggio dei fiori al solo periodo Vittoriano, dove tale moda si sviluppò. Fu Lady Mary, moglie dell’ambasciatore inglese Montagu, durante il soggiorno con il marito in Turchia (1716-1718), che venne a conoscenza dell’ingegnoso metodo di comunicazione floreale utilizzato dalle donne rinchiuse negli harem. Figuriamoci se una donna europea non riportava in patria un sistema così ingegnoso e, al tempo stesso, accattivante!

Per fortuna oggi i fiori vivono una stagione felice, diversa dal passato, con i loro colori e forme hanno nuove sinergie! Soprattutto il colore è il protagonista assoluto. Sì, il colore diventa una sorta di “terapia”: crea atmosfera e influenza gli stati d’animo. Il giallo, tanto odiato in passato, oggi finalmente si riappropria del suo vero significato: porta energia e luce in un ambiente buio o in una giornata triste. Un fascio di fiori blu e verde da una sensazione di freschezza, di aria pulita, di onde infinite, i fiori viola sono chic e sensuali, quelli di colore pastello sono dolci come caramelle per chi ha voglia di coccole e tenerezza …potrei continuare all’infinito! I fiori li amo tutti e una cosa è certa mai nessuno potrà convincermi che un fiore porti male, sfortuna e disgrazie ecc. È mai possibile che dobbiamo sempre accollare a qualcos’altro le nostre sconfitte? Il filosofo Seneca ha lasciato scritto ai suoi discepoli una frase che oggi molti hanno dimenticato: «Le cose della vita sono così ordinate che nessuno è infelice se non per sua colpa».

Portiamo una pianta di alloro sul nostro balcone, usiamo una sua foglia come segna libro e la saggezza che questa pianta rappresenta ci ricordi sempre che i fiori portano solo il linguaggio della bellezza!

Anny Pellecchia

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L’abbraccio passionale della Pachira

Il mondo del verde non mi basta mai! Vorrei avere giornate infinite da dedicare alla visita dei mercati dei fiori, dei vivai, delle serre, dei parchi, montagne ecc. Come Leopardi si rammaricava di morire senza aver letto tutti i libri del mondo, io, altrettanto consapevole, mi rammarico di avere  breve vita per non vedere tutte le meravigli della natura! Oggi, chiuso il negozio, durante pausa pranzo, raggiungo con tutto l’entusiasmo di una bambina la serra di un famoso produttore di piante verdi nella Piana del Sele, nella provincia di Salerno.

Un caldo torrido mi accompagna durante tutto il tragitto. Ma la bellezza del paesaggio, la sterminata pianura ricca di prati, case coloniche, serre, allevamenti di bufale, caseifici, pinete, distese di angurie, insalate, braccianti mi riempe il cuore di gioia.

Un’ amica ha deciso di seguirmi nelle mie avventure verdi.

Seduta al mio fianco, sfoga tutta la delusione di un fidanzamento disastroso e mentre lei parla io lascio che le sue parole intrappolate dal vento caldo nell’abitacolo si allontanino senza ostacoli fuori dai finestrini aperti.

Finalmente arriviamo. Un grande tir ha appena scaricato enormi casse di legno pieni di tronchi intrecciati a radice nuda senza foglie alti circa un metro. Non ci posso credere, sono sopraggiunta nel momento giusto per godermi un tale spettacolo. Come se non bastasse il camionista napoletano doc,  prende dalla cabina una grande vassoio di sfogliatelle ricce e lisce di una famosa pasticceria di Napoli. Un gesto ricco di generosità e amore per il proprio lavoro e un augurio di buona fortuna per tutti. I proprietari chiamano tutti i dipendenti a raccolta e invitano anche noi a partecipare al festino improvvisato. I denti rompono la croccante sfoglia e le labbra affondano nella morbida ricotta saporosa di agrumi. Ma come si fa a non essere felici tra le piante e i dolci?

Nell’aria c’è grande energia, c’è davvero molto da fare. Le piante hanno fatto un lungo viaggio. Sono coltivate nei grandi campi argillosi del Vitnam e Thailandia. È qui che ci sono i più estesi vivai di Pachira aquatica.

Imballate in grandi casse di legno e custodite in container refrigerati, iniziano il loro viaggio oceanico sulle navi merci. Prima destinazione: Olanda. Arrivate nei porti del Nord Europa, la preziosa e delicata  merce  viene caricata  su enormi  tir e smistata in tutta Europa.  Il tragitto intero dura all’incirca  20 giorni.

Le casse davanti ai miei occhi sono enormi,  possono  contenere quattromila piante se parliamo di  pezzature di 30 cm, le più grandi invece  contengono all'incirca 250 tronchi lunghi 60- 100 cm di prima qualità ossia con tubero  ben sviluppato e un bell’intreccio di rami.

In serra intanto si mettono all’opera. I tronchi infatti  germogliano velocemente, soprattutto se è estate; non prendersene cura subito provocherebbe il marciume di questi ultimi. La serra deve essere ben climatizzata e illuminata, per far si che le foglie crescano bene e uniformi. Una bella chioma, tonda e omogenea è l’obbiettivo da raggiungere.

E' giunta l'ora di tornare. Con il furgone carico di piante bellissime arrivo in negozio.

Neanche il tempo di scaricare che già un cliente mi chiede informazioni sulla bella Pachira  alta 100 cm.

E’ una pianta di grande fascino, si adatta bene in ambienti interni luminosi, ma può vivere anche all’esterno a patto che ci siano temperature invernali miti. La Pachira acquatica è chiamata così perché predilige l’acqua ma non il ristagno che la porterebbe velocemente alla morte, una concimazione continua contribuirà alla sua buona salute.

Il cliente mi porge il biglietto per la spedizione. La nostra pianta dopo tanto viaggiare raggiungerà finalmente  la sua ultima destinazione, un bellissimo salone per inaugurazione di una nuova casa.

 Della Pachira  mi piace molto il tronco intrecciato, simbolo di forti legami stabili e duraturi. Però ho notato che alcune volte uno dei tronchi dell’intreccio  nel tempo si secca. E' la vita, penso. Durante il nostro cammino incontriamo tante persone alcune si legano a noi per sempre altre ci abbandonano, ci deludono… Ecco basta recidere il secco senza rimpianti e continuare a guardare sempre alla luce, a fertilizzarci, a idratarci, a mangiare cose buonissime.

Buona vita a tutti e – ricordate! – senza piante ciò è praticamente impossibile!

Anny Pellecchia

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