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I girasoli e la Dea Oshun

Non dimenticherò mai quel sabato mattina d’estate quando davanti al negozio si fermò in bici Lei, venuta da terre lontane dove il sole è caldo e l’amore è tutto in una danza.
Cubana cento chili di “libidine e bontà” vestita completamente di giallo, con le coscione a vista, senza vergogna. Per lei la vita era festa, gioia di vivere. Con le sue enormi forme entrò in negozio. Era un quadro di Botero, i grandi seni come angurie strabordavano dalla generosa scollatura. La pelle color cioccolato, il sorriso imperlato da denti perfetti, la massa di capelli scuri come le notti d’estate, il suo accento così musicale mi lasciò letteralmente senza parole!

Guardò il grande vaso di girasoli “Eccoli finalmente” esclamò felice!”
Poggiò sul bancone una guantiera del pasticcere appena comprata e iniziò a sfilare i fiori dal vaso.
Mentre li prendeva, silenziosamente recitava una preghiera. La mia curiosità era tanta, a chi portava con tanta enfasi i fiori e i dolci? Come una sacerdotessa capace di leggere nella mente rispose alle mie parole non pronunciate.

”Oggi devo festeggiare la Dea Oshun, la Dea dell’amore, della bellezza, della femminilità.
Ho molti problemi col mio uomo, andava tutto bene, poi non so cosa sia successo, non lo capisco più.”
Continuò, il suo soliloquio “Oshun, è una divinità molto potente, è la Dea dei sentimenti inspiegabili dell’amore, è attrazione ed empatia, dona piacere mentale e spirituale.

Oshun ha la proprietà innata di emanare bellezza senza che sia necessario guardarla per essere apprezzata.
Il suo colore preferito è il giallo oro, i suoi fiori preferiti sono i Girasoli e non disdegna il buon cibo.”
Mentre incartavo i fiori mi disse “Questo fiore esercita un buon influsso ovunque si tenga. Scaccia le anime in pena. Oshun ama vederlo nelle case dei suoi figli.”
Così dicendola bella cubana uscì soddisfatta dal negozio, le sue grandi natiche ondeggiavano come una bandiera conquistatrice.
Però che bella questa Dea Oshun, pensai tra me, amante dei girasoli, ballerina, allegra, simpatica e perché no anche un po' libertina!

Questa Dea ne ha fatta di strada, ha scavalcato i confini dell’Africa, assieme ai deportati africani e si è diffusa in America latina intorno al 1700 mescolandosi, sia con i culti indigeni del continente sia con la cultura cattolica. Ci fu un interessante processo di fusione di elementi inconciliabili, attuati però per esigenze pratiche di carattere culturale religioso.

La Dea per sopravvivere ai terribili dominatori europei venne mascherata con un santo cattolico. Col tempo il culto si rafforzò così tanto che i praticanti non disdegnarono la visione cattolica. Cattolicizzata come la Vergine “de la Caridad del Cobre” oggi è la Patrona di Cuba. Una Vergine bellissima vestita di giallo oro, ricoperta di girasoli!
E i Girasoli? Non sono originari dell’Africa ma proprio delle Americhe del sud.

Quanta sofferenza hanno portato gli europei non solo ai deportati africani ma anche ai poveri indigeni.

Il sanguinario conquistatore Francisco Pizarro scoprì che gli Incas veneravano il girasole perché immagine del loro Dio Sole. Ci volle poco come noi tutti sappiamo a falciare una nobile civiltà per appropriarsi di tutto ciò che non gli apparteneva.

I girasoli naturalmente furono anch’essi calpestati, senza pietà. Eppure quanta ricchezza era racchiusa in quel fiore sacro.

Coltivato fin dal 1000 a.C., i Maya cuocevano i grani per ricavarne una bevanda afrodisiaca, i semi venivano macinati per ottenere farina per pane e minestre di vari tipi.

I semi tostati e macinati erano ottimi per preparare una bevanda simile al caffe, mentre spremuti davano un olio dalle elevate proprietà nutritive. I fusti e le foglie servivano invece a ricavare fibre per tessere stuoie, abiti e corde. I petali bolliti in acqua diventavano decotto medicamentoso come rimedio di febbri e disturbi respiratori.

Lo vedo Il povero Incas sopravvissuto a tanta ferocia con il suo girasole, nascosto sotto i nuovi abiti occidentali, porgerlo in dono ai piedi della statua della Madonna e pregare contemporaneamente non solo Lei ma anche il dio Sole e Ohun. Una preghiera vera, disperata ”Salvaci da tanta follia, da tanta crudeltà”.
Le tre divinità cercarono di fare il loro meglio, la schiavitù fu abolita, le culture Inca oggi sono studiate e valorizzate, La Madonna amica di Ohun, sono sempre in prima linea per ascoltare e confortare tutti i credenti.

Il Dio Sole ha fatto sì che il girasole diventasse un fiore universale apprezzato e amato in tutto il pianeta!
Poche settimane dopo la bella cubana passò davanti al negozio con il suo bell’uomo italiano, avvinghiato a lei come una piovra, sorridente, in estasi, appagato!

Lei incrociando il mio sguardo mi strizzo l’occhio e con un sorriso malizioso mi fece capire tutto!

Rientrai in negozio ridendo, misi un sottofondo di musica cubana, accarezzai i girasoli nel vaso e ballai felice!

Anny Pellecchia

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Ognuno può fare la differenza

A fine giornata di lavoro l’ultima mansione è quella di riordinare la spazzatura, l’umido nei contenitori appositi, la plastica con la plastica, la carta con la carta, le cassette di legno le riporto al mercato, molti produttori sono contenti di riutilizzarle, così come i secchi di plastica dei fiori, altri li regalo ai clienti, un secchio serve sempre per innaffiare bene una pianta…

Caspita mi dico, ma non ce lo potevano dire subito di riciclare? Ogni volta con rabbia penso a tutta quella spazzatura buttata negli anni passati a casaccio. Nonostante gli spazzini ogni mattina puliscono la mia bella città, continuo l’opera durante la giornata, se il marciapiede difronte al negozio si sporca, lo spazzo, se trovo una bottiglia di plastica o di vetro, una carta lasciata tra le piante in esposizione, (ahimè succede anche questo), la raccolgo pazientemente. 
Sono bastati appena 60 anni per creare un’isola di plastica nell’Oceano grande come tre volte l’estensione della Francia, ad avere un buco dell’ozono grande come due volte la superficie dell’Europa, ad aver distrutto più di un quinto la foresta Amazzonica, ad aver contaminato più di 80.000 siti del suolo, per capirci tutte le regioni geografiche del globo ne sono vittima…

Caspita mi dico, se per Fernand Braudel uno dei massimi storici del XX secolo i tre cavalieri della morte erano tre: guerra, carestia e peste, oggi potremmo dire che l’unico cavaliere della morte è l’uomo! O meglio un gruppetto di uomini.
“Le nuove multinazionali detengono un potere così vasto e un’influenza così grande perché la produzione e la ricchezza sono ormai estremamente concertate e il pubblico ha uno scarsissimo controllo sulla loro gestione. I loro amministratori non sono eletti, né sono pertanto responsabili verso la pubblica autorità. La maggior parte delle loro azioni non è neppure nota all’opinione pubblica. La nostra libertà di scelta va scomparendo perché le scelte vengono compiute da individui e istituzioni che hanno tutto da guadagnare dallo sfruttamento dell’uomo, degli animali e di tutto il pianeta” Julia Butterflay Hill.
Ecco, vi chiederete perché questo mese non ho parlato nella mia rubrica di un fiore o di una pianta come sono solita fare. Mi è capitato tra le mani un libro “La ragazza sull’albero” di Julia Butterflay Hill. Ebbene ero totalmente allo scuro di questa donna, di questa eroina che non ho potuto non sostenerla, contribuendo al tam tam di responsabilità verso il nostro Pianeta. Era il 10 dicembre del 1997, Julia attivista era consapevole che più del 97% delle originarie foreste di sequoie erano state abbattute e che quel poco che restava continuava ad essere distrutto. Per attirare l’attenzione dei mass media salì su una sequoia millenaria per restarci 738 giorni senza mai mettere piede a terra. “L’ho fatto per proteggere quell’albero, che ho chiamato Luna e per attirare l’attenzione sulla distruzione delle foreste antiche del pianeta”. Grazie a lei oggi possiamo ancora ammirare questi splendidi alberi.
Molti di noi si rendono conto che la situazione ambientale è molto complessa, continuando a non cambiare il nostro modo di vita, è difficile pensare al futuro che lasciamo alle generazioni future, stiamo rubando e rovinando un futuro che non ci appartiene.

In questo anno abbiamo assistito ad un evento epocale “La rivoluzione dei bambini”. La portavoce di tutti i bambini del mondo è una 15enne Greta Thunberg, chiede una cosa enorme ma semplice da fare, cambiamento per salvare il Pianeta.
Un proverbio turco dice “ Non importa se hai sbagliato strada, torna indietro.”
Anche se il nostro sembra un pianeta tanto grande, produciamo tanti di quei rifiuti che stiamo esaurendo i metodi per smaltirli. Qualche stupido ha detto “Chi si cela dietro Greta?” Ecco, vorrei rispondergli che ci sono tutti i genitori, i nonni, gli zii, gli amici, gli uomini di buona volontà del Pianeta Terra, i quali desiderano che la vita continui ad essere vissuta.

Voglio ricordare che i bambini di Cernobyl ancora pagano una delle catastrofi ambientali di cui l’uomo è la causa. All’uomo cavaliere della morte gli sfugge qualcosa di essenziale: ovunque ha portato distruzione totale come Cernobyl o nell’arcipelago Tuamotu, dove la Francia scelleratamente, designò questo paradiso in terra come sito di test nucleari, la vita umana non è più possibile. Inaspettatamente le piante e gli animali sì. La loro resistenza, soprattutto quelle delle piante alle avversità è di lunga maggiore di quella umana. Le piante hanno assorbito la radioattività, ma se tagliate o bruciate la rilascerebbero immediatamente nell’atmosfera con conseguenze gravissime.
Touchè!

Anny Pellecchia

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Ninfee, incantesimo di acqua, luce e petali

O divinità mattutina, sorgi dalle acque come Afrodite schiudendo la tua corolla magnifica, accarezzata dai primi raggi del sole caldo della bella stagione. Nessuno può sottrarsi al tuo incanto, è un dono contemplarti, perché si sa, la tua bellezza dura un giorno, a tarda sera richiudendoti in te stessa ritorni nel mondo liquido da dove sei venuta.


E’ per questa magia che ogni anno porto in negozio una bella confezione di ninfee rustiche di vari colori facili da coltivare alle nostre temperature. Certo è difficile vendere un bicchierone di plastica pieno d’acqua con un rizoma all’interno e una foto indicativa del fiore, in piena città. Ma che ci posso fare, sono un’inguaribile romantica, proiettata nell’antica Roma.

Vedo una Ninfea, e immagino di essere in una villa patrizia, seduta ai bordi di un ninfe.! Certo che poesia venerare le Ninfe in casa, avere una vasca dove coltivare piante di ninfee. Il ninfeo fu pure un sogno continuato nei giardini all’italiana del periodo barocco e romantico… poi man mano l’uomo moderno si è disconnesso dalla bellezza della natura per qualche inceppo nel sistema interplanetario, non ha interesse alla contemplazione della sinfonia di colori che fiori e foglie donano ogni giorno gratuitamente al nostro sguardo.
Eppure rimango fermamente convinta che lo scopo di un giardino, di una terrazza o anche di un piccolo balcone fiorito è quello di donare felicità e pace alla mente. È così facile creare un ninfeo, anche se non si possiede un giardino con vasca, basta una tinozza, uno strato sul fondo fatto di argilla sabbia e sassolini per ancorare il rizoma, qualche pesciolino rosso per creare un piccolo ecosistema in miniatura, sole ed è fatta!

Per chi è terrorizzato dalle zanzare al posto dei pesciolini rossi consiglio le gambusie, pesci minuscoli divoratori dell’odiato insetto. Basta rabboccare sempre il livello dell’acqua in modo tale che tutti abbiano sempre acqua a sufficienza.

Possiamo invitare Plinio, Marziale, Orazio, tutti e tre i poeti concordano che una casa senza ninfeo è incompleta e che l’aspetto più importante dell’acqua rimane legato al piacere di contemplare l’acqua come valore estetico. Naturalmente un ninfeo deve essere una sinfonia di colori utilizzando allo scopo anche meravigliosi fogliami come Papiri, Equisetum, Thyphe… bisogna sempre ricordare, che una persona desidera vedere un bel quadro alla volta e non un accozzaglia di varietà messe a casaccio, la cosa non è semplice al contrario richiede conoscenze specifiche che possono scaturire da lunghi studi attività ed esperienza.

Il grande pittore Claude Monet, sapeva bene tutto ciò, tanto amava le ninfee, che dopo aver acquistato un pezzo di terra a Giverny, vicino Parigi, intentò una causa all’amministrazione pubblica pur di deviare un piccolo fiume, il Ru, così da ricavarne un bacino per far sì che le ninfee si rigenerassero senza sosta. A giudizio vinto poté finalmente godere del suo piccolo paradiso, sistemare il cavalletto sulle sponde del laghetto e dipingere la sua ossessione, le ninfee. Voleva intrappolare sulla tela acqua luce e aria per l’eternità!

Era vittima di un incantesimo! Le sue ninfee le dipinse ben duecentocinquanta volte, senza contare molte tele distrutte, sfregiate o bruciate durante attacchi d’ ira spasmodica perché non le riteneva soddisfacenti. Comunque le dodici tele lunghe quattro metri ciascuna sono esposte in una sala creata apposta per Monet di forma ovale al museo dell’Orangerie a Parigi.

A distanza di un secolo, il visitatore ha la stessa sensazione come scrisse lo scrittore Lucien Descaves “Esco dalla vostra mostra abbagliato e meravigliato”. Al pittore Monet deve essergli successo sicuramente qualcosa di incredibile, proprio come accadde a Hilas nelle avventure di Giasone e gli Argonauti. Come tutti ricordano Hilas era uno scudiero imbarcatosi con Giasone per la conquista del Vello d’oro. Durante una sosta, Hilas scese dalla nave in cerca di una fonte di acqua dolce. Quando le Ninfe lo videro se ne innamorarono, una di loro lo prese e lo tirò verso l’acqua per baciarlo, trascinandolo poi nella fonte con loro. Ecco, immagino che anche Monet sia stato rapito dalle Ninfe del suo lago, avrà visto la loro bellezza, avrà sentito il loro profumo, avrà toccato con mano quel confine tra umano e divino, e solo attraverso questa magica empatia è riuscito a creare la grande sinfonia cromatica fatta di fiori prima che di pennelli, sprigionando uno stupore mistico, scaturito dall’amore infinito verso la Natura.

Annie Pellecchia

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