Claudia ed io, andavamo matte per Tarzan. Erano gli anni ’70 e la RAI trasmetteva per la TV dei ragazzi gli episodi americani in bianco e nero di “Tarzan il Re della giungla”.
Tarzan era magnifico, la sua agilità mentre correva nell’intricata foresta, i suoi spostamenti volanti aggrappato alle liane erano spunti per nuovi giochi all’aria aperta!
Nulla poteva spaventarlo. La foresta era un luogo pieno di sorprese, mille pericoli, mille situazioni da risolvere, combattimenti con bestie feroci, sabbie mobili, serpenti, tarantole. Ogni episodio era un’immersione totale nella Natura, la stanza si riempiva di canti di uccelli, grida di scimmie, ruggiti di felini. E poi c’era l’incredibile urlo di Tarzan!
La prima carnivora non si scorda mai
In un episodio, Tarzan rimase intrappolato in una gigantesca pianta carnivora. Ricordo lo sforzo enorme delle sue braccia muscolose per liberarsi dal morso delle foglie dentate! Ancora una volta il nostro eroe era salvo. Un giorno, poi, accadde una cosa incredibile: mio padre portò per la prima volta in negozio proprio delle piante carnivore, per la precisione una Dionaea muscipula. La stessa pianta con cui Tarzan aveva combattuto, ma infinitesimamente più piccola.
Ebbi il permesso di prenderne una tutta per me e con la mia amica del cuore iniziammo ad osservarla. Stuzzicammo i lunghi piccioli delle foglie e dopo un po’ la “bocca vegetale” si chiuse. Eccitatissime decidemmo di passare alla fase due. Ovvero, cercare del cibo per la nostra carnivora.
Aprimmo il frigo e, dopo una veloce consultazione, optammo per una fetta di prosciutto.
Urlanti di gioia, la pianta intrappolò il pezzo di salume. Fu solo monitorandola nei giorni successivi che capimmo che qualcosa era andato storto.
Ancora oggi con Claudia ridiamo ricordando la fetta di prosciutto assassina. Da quel giorno non mi azzardai più a cibare le Dionee!
Oggi in tutti i negozi di fiori, supermercati e vivai facilmente si può acquistare facilmente una pianta carnivora: una Dionea, una Nepenthes, una Sarracenia, una Drosera. Tutte possiedono fascino e soddisfano i collezionisti, che anno dopo anno aumentano sempre più. Concorre il fatto che non è difficile curarle: bisogna assicurarsi che i sottovasi abbiano sempre 2-3 cm d’acqua (non di rubinetto o bottiglia ma piovana, osmotizzata o distillata), amano la luce filtrata e il caldo dell’estate. Possono rimanere all’aria aperta, ma con l’arrivo del freddo vanno tenute riparate dal gelo.
Tutti, ma proprio tutti si fermano davanti al mio negozio per ammirarle. Tutti mi chiedono se per davvero mangiano gli insetti. Le piante carnivore usano gli insetti per ricavare azoto, fosforo e oligoelementi che non trovano nei terreni dove crescono. Le loro trappole sono infallibili. Oltre le chiusure a scatto delle foglie, secernono una sostanza collosa che sembra rugiada (Drosera); gli insetti, ingannati dal tranello, rimangono intrappolati inesorabilmente. La pianta a quel punto produce degli enzimi e inizia a digerire vivo il malcapitato. Scene da film horror, ma l’acquisto è garantito pur di immaginare una zanzara agonizzante!
Un giorno, una cliente mi mostrò orgogliosa le foto di mosche intrappolate nelle piccole fauci della sua Dionea. Rimasi di stucco, davvero un banchetto nuziale.
Tra le rarità botaniche della Costiera Amalfitana
Le carnivore mi stupirono ancora una volta anni fa. Non avrei mai pensato che in Italia e proprio a pochi chilometri da casa mia vivesse una colonia così numerosa! Sfogliando per caso una rivista culturale di Gragnano e i Monti Lattari, mi soffermai su un articolo del prof. Giuseppe Di Massa. Seguendo le sue indicazioni mi inoltrai in un luogo incredibilmente fantastico: la riserva naturale Valle delle Ferriere, una piccola foresta intatta da secoli, facilmente raggiungibile da Pontone, frazione di Scala (SA), in Costiera Amalfitana. Percorrendo una comoda mulattiera, dopo un paio di ore di piacevole passeggiata tra boschi e bellissime cascate ci si trova immersi in un ambiente caratterizzato da un clima tipicamente equatoriale. Un luogo incantato per gli appassionati di botanica: orchidee selvatiche, felci di grandi dimensioni (Woodwardia radicans) e soprattutto la Pinguicula hirtiflora. Piccola, delicata e rarissima, è un autentico fossile vivente sopravvissuto alle glaciazioni. Conosciuta anche con il nome di “erba unta amalfitana”, questa piccola pianta ha un fiore violaceo a calice e foglie lattiginose che, ripiegandosi su sé stesse, digeriscono gli insetti con particolari enzimi. Mentre ammiravo estasiata le piante, una sagoma comparve alle mie spalle, per poco non morivo di paura. Era una guardia forestale! Dissi la cosa più stupida che mi venne in mente per sdrammatizzare il mio panico: «Pensavo fosse Tarzan!». La guardia rise di gusto: «Sì, sono Tarzan “versione 2000”, la nostra missione è sempre salvaguardare la Foresta. Jane, mi raccomando, non cadere nel ruscello, qui di liane non ce ne sono!».
Annie Pellecchia
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