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Cattleya, il fiore che abbraccia l’eleganza

Rossella entrò in negozio trafelata,quella stessa mattina aveva l’ultimo esame al conservatorio.

La sua esibizione Billi Holiday richiedeva come tocco finale una cattleya nei capelli così come usava fare la cantante jazz ogni volta che si esibiva in pubblico.

I capelli della ragazza ben pettinati dal parrucchiere esalavano di lacca. Le orchidee bianche ,arrivate poche ore prima dalla serra del produttore Luigi Mackinè erano chiuse in scatola avvolte come una reliquia in soffice bambagia. Le presi delicatamente, le sistemai con due forcine tra le perfette ciocche. Rossella era così giovane,così bella,così proiettata verso il futuro che non capì tutto l’impegno che c’era voluto per far fiorire quei fiori meravigliosi. Lasciò i soldi sul bancone e come un uccello in gabbia volò via, l’esame più importante della sua vita l’attendeva.

vino frizzante e cattleya sRitornai nel retro bottega, se fossi stata libera dagli impegni del negozio mi avrebbe fatto piacere assistere all’esame, ma le cattleye quello stesso giorno avevano altri uffici da assolvere. Un set fotografico presso l’azienda vinicola Iovine a Pimonte, borgo confinante con Gragnano, attendeva i fiori per abbinarli alle varie etichette di bottiglie. La stessa sera ci sarebbe stato in cantina la degustazione di vini con cena pluristellata dello chef Giulio Coppola pupillo e allievo del maestro Cannavacciulo. Inutile dire che il paese di Gragnano almeno una volta nella vita va visitato. La valle dei mulini, gli antichi pastifici, l’aria fresca collinare, il corso antico dove veniva stesa la pasta ad asciugare facilmente riconoscibile perché già visto in cartoline in bianco e nero del secolo scorso,rendono questo luogo davvero emozionante.

Fiori e Vino

I fratelli Aniello, Giuseppe e Raffaele Iovine sono la quarta generazione di una laboriosa famiglia produttrice di vino davvero eccellente dal 1890.

Amanti del bello i tre fratelli mi contattarono, volevano presentare il loro vino con una prima donna, bella, elegante, raffinata capace di ammaliare proprio tutti comprese le signore che avrebbero accompagnato i loro partner all’evento. La scelta della cattleya fu indiscussa, lei la regina delle orchidee con la corolla più grande e vistosa di tutte le sue sorelle, i petali ben distesi invitano ad ammirare i suoi colori meravigliosi, rosa, bianco, porporino…con variegature che solo una divinità poteva creare.

La serata come c’era da aspettarsi fu magnifica. Il vino scorreva nei calici, il cibo presentato con l’estro dello chef era gustosissimo, i fiori coronavano le bottiglie Iovine in esposizione nella stessa sala. L’operazione di marketing riuscì perfettamente le ordinazioni andarono a gonfie vele. A fine serata le orchidee furono omaggiate a tutte le donne.

L'orchidea di Proust

Una coppia si distingueva tra tutte, lei era bella lui forse di più. La donna ricordando il romanzo di Proust fece scivolare il fiore nelle morbida scollatura. In cuor suo voleva gli sguardi del suo accompagnatore solo per lei. L’uomo occhieggio quel sensuale bouquet profumato fatto di pelle e fiori e con un gesto affettuoso l’accarezzò.

Lei disse « ti amo.»

Lui rispose «anch’io»

Risposta sbagliata pensò lei crucciando leggermente le labbra…

Come dice Ronald Barthes,”ti amo” una è una frase socialmente sradicata, si dovrebbe rispondere con un bacio convinto o con una voce sublimata dalla passione, l’amore è qualcosa di complicato e materia facilmente deteriorabile… I due salirono in macchina, il motore si accese e partirono , contemporaneamente la radio iniziò a suonare una vecchia canzone di Billi Holidey , I’am fool to wont you…(sono una sciocca a volerti) a love that’s there for others too…( un amore che è lì anche per gli altri) to seek a kiss not mine alone …(a cercare un bacio che non è solo mio) I’am fool to wont you…

 

Anny Pellecchia

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Copyright © Ugo Pellecchia & Il Floricultore


 
Polianthes tuberosa, profumo di amori veri

Nel Rinascimento si metteva in guardia dal suo profumo afrodisiaco, in India è il simbolo stesso del corteggiamento mentre in America Latina viene utilizzato nelle fatture amorose.

Fenomenologia di un fiore lunare ancora poco apprezzato.

Tuberosa, sei un fiore caparbio. Sono anni che mi chiedi di scrivere di te.

Sei arrabbiato perché non sei più di moda e ogni volta che ti porto in negozio e ti sistemo in grandi vasi, quasi sembra lo fai apposta, sprigioni il tuo intenso profumo, talmente forte e talmente con passione che, per far parlare di te, ti espongo fuori sul marciapiede ed è lì che ti riprendi tutte le tue rivincite. Non c’è persona che non venga avvolta dal tuo profumo assoluto.

 

TuberosaSo cosa stai pensando: «Sono ancora qui, non mi arrendo». Conosco la tua malinconia, un tempo eri il fiore dei giardini delle antiche città.

Polianthes tuberosa, questo è il tuo nome, deriva dal greco “polis” città e “anthos” fiore.

La poeticità di una comunità di persone che vedeva in te non solo la bellezza del fiore a spiga, godeva dell’aria profumata come solo tu sapevi donare, attendeva lo sbocciare della tua corolla di notte perché è questa la tua natura, sei un fiore lunare, crei atmosfera, quell’atmosfera che solo la notte può incoraggiare un uomo e una donna a parlarsi d’amore.

Si dice che nel Rinascimento alle fanciulle fosse vietato annusare il tuo profumo narcotico per non cadere in tentazione, lo stesso divieto era applicato in India, dove vieni chiamato Ki Rani che significa “corteggiatrice di notte”.

Per quanto mi riguarda, ricordo esattamente il mio tempo di ragazza e l’incontro con il profumo di te: c’era qualcosa che non mi convinceva, non riuscivo a trovare un’empatia, poi col tempo ho capito cos’era. Polianthes tuberosa il tuo carattere è adulto senza se e senza ma, semplicemente sei un fiore che non può collimare con amori incerti, fuochi di paglia e cotte adolescenziali.

Tu vuoi essere unico.

Un fiore così carico di energia intrinseca, attacchi direttamente colui che ti osserva e ti annusa. Lo sanno bene i creatori di profumi: la tua nota è difficile da accoppiare, poco accomodante con le altre fragranze. Tuberosa fiorisci in molti continenti, in America Latina sei associato alla divinità mitologica Obatala, sovrano di tutte le parti del corpo soprattutto la testa.

Ricordo un cliente, anni fa, che dopo il terzo matrimonio fallito decise di andare in Sud America, voleva incontrare Pachita, una sorta di lama tibetano (monaco buddhista – NdR), una donna con una grande conoscenza dell’animo umano, una psicologa, un’erborista e molto altro ancora.

Il responso della diagnosi non era così difficile da indovinare: l’uomo non avrebbe mai potuto avere amore, perché era non solo sempre nervoso ma incapace di dare quella dolcezza, quelle piccole attenzioni di cui le donne sono invece sempre desiderose.

Pachita gli prescrisse un decotto di fiori di tuberosa da bere con continuità, avrebbe rasserenato l’ambiente e attirato influssi dolci e benefici. In più per essere certi della continuità della relazione, Pachita consigliò di mettere le tuberose a essiccare all’ombra, ridurle poi in polveresottilissima, versarvi il sangue di due piccionibianchi con i relativi cuori. Con tutta la mistura doveva recitare numerose preghiere e, comefinale, per attirare la buona sorte, fare otto bagni con fiori di tuberosa.

Il cliente non fece niente di tutto ciò, tornò invece a Salerno con un “souvenir” sud americano: una giovane mulatta molto carina! Naturalmente anche con quest’ultima la relazione finì, ma non c’era da stupirsi.

Il poveretto continua a girovagare per le strade della mia città senza pace. Io avrei un altro consiglio da dargli, un po’ più facile da attuare, entrare ogni mese sette volte in un negozio di fiori e sette volte in profumeria!

Il profumo dei fiori unito a quello della pelle sono l’eco della singolare complicità tra donna e uomo.

TUBEROSA: Tu Unica Bellissima Espressione Romantica Offrici Sincero Amore.

 

Annie Pellecchia

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Copyright © Ugo Pellecchia & Il Floricultore

 

 


 
Gli zampognari all’alba nel Mercato dei fiori

Prima che il sole sorga, floricoltori e fioristi si incontrano fra gli stand per vendere e comprare.
E anche lì, inaspettatamente, il Natale arriva, su note antiche, a ricordare che Gesù è nato fra muschio, erba e paglia.

Notte di Dicembre. Stanotte fa davvero freddo, arrivata al mercato neanche pochi passi,una musica mi rapisce! Zampognari siete tornati ancora in questa mattina di notte!

Sorrido tra me, il tempo di Natale allora è davvero arrivato!Gli Zampognari scendono dai paesi collinari del Cilento, affrontano la notte, indossano cappelli avvolti da falde di lana, vengono spontaneamente a suonare la Novena per tutti noi tra i fiori. In queste notti così fredde le note fuoriuscendo dai loro antichi strumenti riscaldano e confortano l’ animo. Non sono qui per soldi, pochi sono gli spiccioli che ricevono, sono qui perché così deve essere, perché è semplicemente tradizione.

Mercato dei Fiori-zampognariIl Mercato allora diventa nel mio sguardo un Presepe, unico, grande, emozionante. Gennaro è l’unico a vendere frutta ai mercati generali, gira tra gli stand, oggi sul suo carrello cassette stracolme di arance. Chi le compra inizia a mangiarle, qualcuno me ne offre uno spicchio al quale non posso rifiutare. Le mani, le labbra si impregnano di agrume, il profumo forte di arance del Sud Italia si mescola a quello di abete normandiano appena scaricato dai tir import-export Olanda. I rami argentati ricchi di resina accatastati in gabbie di legno vengono celermente sistemati dai cat in punti strategici per facilitare noi acquirenti. L’Olanda ha scaricato l’impossibile! Cassette di mele cerate dai colori più bizzarri, rami glitterati, floccati, innevati , fasci di ilex rosso brillante, pile di cassettine di legno dove in ognuna come tortine appena sfornate sono adagiate ghirlande decorate con fruttini, bacche, pigne…

Che frastuono che fermento di gente! Dalle montagne vicine alcuni uomini con le loro donne hanno portato nuvole di vischio, fascine di agrifoglio e pungitopo.

Mamma che freddo stanotte, con mio padre entriamo nel bar di Anna, mentre mio padre beve il suo solito caffè con latte Anna mi dice: «Ho appena fritto le zeppole».Come si fa a dirle di no!  Zeppole uno dei tanti dolci della tradizione natalizia partenopea! Zeppole calde tuffate in zucchero e cannella, ogni morso una sensazione indescrivibile! «Mettimela in carta, la mangerò una volta tornata in negozio», le dico sfilando dal porta zecchini un euro di felicità!Uscendo dal bar mi rendo conto che il freddo è aumentato, ma che c’è stanotte, sembra di stare in un frizzar. I carrellisti vanno e vengono imbacuccati come non mai, affondo il viso nella sciarpa e mi avvio verso gli alberi di Natale. Quest’anno sono ancora più belli degli altri anni, perfetti, ne chiedo la provenienza .«Siamo andati a prenderli nell’Europa dell’Est», mi rispondono. Decido l’acquisto di alcuni abeti.

‘A muntagna s’è messa ‘o velo ‘e sposa

Ammiro sempre la forza, il senso del dovere degli uomini del mercato. Mi caricano gli alberi in furgone senza alcuno sforzo, sempre con un sorriso sulle labbra ,sempre ossequiosi. Hanno conservato un’educazione d’altri tempi. Gli sportelli del furgone vengono chiusi , ho dimenticato il muschio, ritorno sui miei passi, gli zampognari sono andati via, la musica è cessata, ormai albeggia. Alzo lo sguardo, rimango senza parole ,immobile, estasiata dinnanzi allo spettacolo di madre Natura…

Il Vesuvio è ricoperto di neve! Ecco perché faceva così freddo stanotte! Qualcuno alle mie spalle dice – “A Muntagna (la montagna)“ come la chiamano i locali- “si è messa o velo a sposa “(si è vestita da sposa). E io che pensavo il Vesuvio fosse maschio! Imbocco l’autostrada Salerno Reggio Calabria, lascio il Vesuvio alle mie spalle, anche la Montagna ,penso tra me, ha voluto far parte del Presepe ! Il Natale quando si diventa grandi è semplicemente uno stato d’animo. Tutti noi siamo i pastori di un presepe perennemente alla ricerca di un lume, di una guida.

Gesù è nato in una grotta, tra muschi, erba , vicino a lui un bue e un asinello gli tenevano caldo, un cielo pieno di stelle …non è nato in caotiche città è nato nel cuore della natura . Possiamo leggere questo straordinario evento in una chiave totalmente naturalistica .

“Colui che ama la natura è colui i cui sensi interni ed esterni sono in pieno accordo tra di loro; che ha saputo conservare lo spirito dell’infanzia perfino nell’età adulta. Il suo rapporto con il cielo e con la terra diventa parte del suo cibo quotidiano. Il nostro sguardo in ogni momento dell’anno deve cogliere ,contemplare un quadro che non era mai stato visto prima,e che non sarà visto mai più.” (R. W. Emerson)

Buon Natale

Anny Pellecchia

Copyright © Ugo Pellecchia & Il Floricultore