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Mughetto, il profumo dell'amore

Delicato e discreto, è il fiore profumato per eccellenza: in Francia il primo di maggio si usa appuntarlo al petto o regalarlo a mazzetti per festeggiare l’arrivo della bella stagione

Tra la fine di aprile e inizio maggio compare ai Mercati Generali un uomo anziano, non chiedetemi chi sia, gira tra la folla dei fornitori, acquirenti, carrellisti con la sua preziosa merce tra le mani, un grande fascio di Mughetti legati a sua volta in fascetti di venti fiori raccolti nelle grandi foglie verde chiaro della stessa pianta. Nessun foglio di carta potrebbe proteggerli meglio. I piccoli fiori simili a campanelle si affacciano quasi impauriti a quel mondo caotico. Ondeggiano leggeri  ad ogni passo del loro padrone e ogni  qual volta incrocio l’uomo dei Mughetti non posso fare a meno di fermarlo! Protendendomi verso quella meraviglia del creato, socchiudo gli occhi e rubo un fugace momento di estasi, inalando il fresco, fragrante profumo dei fiori! La vista dei Mughetti è un chiaro segnale che la bella stagione è arrivata e il freddo dell’inverno è un ricordo ormai lontano.

Chiedo all’uomo dove crescono i suoi fiori, ma lui neanche se gli stessi rubando la mappa dell’isola del tesoro, mi risponde vagamente: « Vado in montagna, ma è lontano dal Vesuvio…» incalzo – «Un giorno mi portate, solo per scattare qualche foto! Vi giuro che non svelerò a nessuno il vostro luogo segreto».

L’uomo timidamente abbassa lo sguardo sui suoi fiori… non mi risponde. Sorrido tra me, ho innanzi a me uno spirito romantico, geloso del suo luogo magico, quasi potrebbe essere lo spunto di un romanzo!

Del resto un fiore così piccolo non solo profumato ma anche velenoso nei secoli non è certo passato inosservato; molte sono le leggende che si narrano intorno alla Convallaria majalis! E’ questo il suo nome scientifico. Ricordo ancora quando mio cugino Luciano Pellecchia me lo svelò. Ci rimasi male, come può un fiore così carino avere un nome così brutto, pensai! Luciano sorridendo mi disse che derivava dal latino, convallis - valle ad indicare l’habitat e majalis - maggio il mese della fioritura.

Compro sempre i Mughetti quando li trovo ai Mercati generali, per augurio alla bella stagione, per venderli a clienti davvero innamorati e per festeggiarmi! Il Mughetto mi fa sognare di essere in Francia ed è proprio nel paese dell’amore i francesi,  il 1 maggio appuntano al petto i graziosi fiori per festeggiare la Primavera!

Prima o poi anch’io ci andrò! Adoro il profumo del Mughetto, quando li ho in negozio la fragranza mi accompagna per tutto il tempo. Ne traggo una sensazione di benessere e mi sento realmente felice.

Del resto quando si crea un profumo, le note del cuore più amate  - quelle che compongono la parte del profumo più avvolgente - sono proprio quelle di mughetto, rosa, gelsomino.  

Anny Pellecchia

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Copyright © Ugo Pellecchia & Il Floricultore

 

 


 
Sterlizia, capolavoro della natura

Me lo ricordo mio padre quella mattina d’estate in giardino, esultava di gioia la sua Strelizia Augusta da lui piantata anni prima finalmente era fiorita! Mi prese tra le braccia e alzandomi verso quel gruppo di bizzarri fiori mastodontici simili ad uccelli pronti a spiccare il volo mi disse: «Guarda c’è lo zucchero che cola, gli uccelli ne vanno matti!».

Così dicendo mi invitò ad assaggiare quella goccia gelatinosa trasparente che come una lacrima scendeva sul turgido fiore. Era insapore, quasi ci rimasi male aspettandomi un gusto zuccherino, la mole e il peso del fiore però era davvero spettacolare. Adesso anche noi abbiamo il White Bird of Paradais ! Fino ad allora infatti in giardino avevamo solo Orange Bird of Paradais (Strelizia regina), pianta cespugliosa con fiori a lungo stelo molto ornamentali anch’essi come i primi, spiegano i petali come una cresta di gallo, sono però decisamente più piccoli!

I fiori di Strelizia regina erano in simbiosi con mio padre, in negozio non mancavano mai, infatti nelle grandi composizioni trionfo che realizzava erano indispensabili.
Erano gli anni ’70 la Strelizia era un fiore moderno, dava chiaramente quel forte movimento verso l’alto che sembrava voler andare al di là della forma stessa protendendosi nello spazio. I becchi dei fiori venivano disposti o in direzioni opposte, altre volte guardandosi vicendevolmente, quasi sembravano voler baciarsi, altre volte rivolti nella stessa direzione erano come concentrati nel guardare un punto fisso lontano.
Ieri come oggi la Strelizia continua ad avere nell’arte floreale un carattere modernissimo, è sempre considerato un fiore di lusso, la sua presenza regale infatti ben si inserisce in ambienti dove si svolgono manifestazioni, conferenze, teatro, cerimonie... Del resto nel suo paese d’origine il Sudafrica è così pregiata che presso alcune tribù viene usata solo per ornare la capanna del capo o dello stregone!
Fu Banks alla fine del 1700 ad introdurla in Europa. Banks curatore dell’Orto Botanico di Kew Gardens di Londra ebbe la pianta sotto la sua ala protettrice, tanto da diventare il suo fiore preferito! Era troppo bella la Strelizia fu così che il suo nome fu legato ad una testa coronata, la vedova di re GiorgioIII, la regina Carlotta Sofia di Meclemburg-Sterliz da cui deriva sia il nome del genere che della specie.
Tutti però forse perché piace immaginare i luoghi paradisiaci da dove proviene ricordano meglio il fiore come “Uccello del Paradiso”.
In Italia la Strelizia arriva per la prima volta nel 1912 nei giardini di Villa Hambury, di proprietà del londinese Thomas Hanbury innamorato del nostro bel paese.
Oggi le produzioni di piante sono in Sicilia dove il caldo e il sol leone ricordano il clima africano d’origine.
In Campania invece molti sono i produttori di fiori recisi.
La tradizione del mio negozio continua, i Fiori del Paradiso sono sempre presenti, quando li sistemo nel grande vaso mi rendo conto che senza di loro l’esposizione dei fiori recisi non sarebbe completa.
Allora sorrido dicendo: «In piedi, signori fiori, entra la Regina!».

Anny Pellecchia

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8 marzo - Festa della donna -

Riflessioni sull'8 marzo, i fiori per un mondo migliore

«Allora, Anny, per la Festa della Donna ti metto da parte dieci secchi di mimosa locale e dieci scatole di mimosa di Sanremo. Quest’anno è fiorita prima e il prezzo è più alto rispetto all’anno scorso… conosci le regole del mercato». Alfonso Testa, sorride e mi saluta. Eh già, l’otto marzo è alle porte, solo a pensarci mi viene l’ansia! Chiudo i portelloni del furgone e via verso il negozio. Mentre guido i ricordi riaffiorano alla mente: erano gli anni ’80, in negozio lavorava tutta la mia famiglia e quel giorno di festa era un vero delirio. Gente che si accalcava al bancone pur di portare a casa un rametto del profumato fiore. La fila arrivava fin fuori al marciapiede. Ricordo che mio padre, con quella energia che lo caratterizzava, mi diceva: «Anny, stai tranquilla, è tutto organizzato. C’è anche la bella mimosa della Liguria!». Non era un giorno di lavoro, ma di “guerra”, combattuta a colpi di vigoroso fior di mimosa. Alla fine eravamo tutti ricoperti di pallini gialli, pavimento del negozio compreso.

PERCHE' LA MIMOSA?

Ho sempre pensato che la scelta della mimosa per la festività delle donne fosse sbagliata: è difficile organizzare la pezzatura dei singoli rami, il fiore è delicato, si macchia facilmente e la durata è un battito di ciglia. Avrei preferito la fresia, l’anemone, il tulipano, la viola… insomma tutto, ma non la mimosa! La scelta non fu fatta dagli addetti ai lavori, ma dalle stesse donne, come racconta Anna Rodano, una delle protagoniste della prima Giornata internazionale delle Donne, svoltasi a Roma nel 1946. Desideravamo che un fiore caratterizzasse l’evento e doveva essere reperibile agli inizi di marzo. Poiché all’epoca le serre erano poche e non arrivavano fiori in aereo, ci vennero in mente quegli alberi coperti di fiori gialli che crescevano rigogliosi in tanti giardini di Roma e dei Castelli».

Il primo corteo dell’8 marzo fu un tripudio di donne illuminate dai fiori di mimosa, li portavano tra i capelli, nelle scollature delle vesti, tra le mani. A quel punto fu difficile cambiare fiore.

LA MADRE DEGLI DEI, DEI RE E DEGLI UOMINI

Oggi lo slancio dell’8 marzo è scemato. Sono le stesse donne che disdegnano la ricorrenza, quasi si sentono offese ad essere rilegate nel festeggiamento di un solo giorno. Sono arrabbiate, amareggiate. Del resto pur avendo conquistato tanti traguardi d’indipendenza, c’è ancora tanto lavoro da fare. Quasi sette milioni di donne in Italia hanno subìto qualche forma di violenza nel corso della loro vita. Una piaga aberrante, senza bandiera. Sull’intero pianeta ci sono donne che patiscono ingiustizie inaudite, perpetrate da uomini che pensano di avere il dominio assoluto sulle loro vite.

Eppure se torniamo indietro di millenni scopriamo che una delle principali divinità del pantheon mesopotamico è una donna. Il suo nome è Inanna-Ishtar, regina del cielo e della terra. Dea dell’amore e stella del mattino e della sera. Ella è esuberanza, abbondanza, nutrimento puro. È la divinità della terra feconda, ma anche madre degli dei, dei re e degli uomini. Cos’è successo a questa dea universale così potente nell’immaginario collettivo? Forse si è fidata di un uomo che l’ha tradita e ha estirpato dalla coscienza degli altri uomini il culto ma soprattutto il rispetto della Grande Madre che racchiudeva in sé l’importanza dell’essere femminile? Forse è prigioniera incatenata in un luogo oscuro e attende solo di essere liberata? Forse solo quando questo accadrà tutte le catene delle donne si sbricioleranno e solo allora l’armonia e la pace tra i due sessi ritornerà ad esistere.

MESSAGGERI D'AMORE E DI PACE

In negozio il telefono squilla: «Ciao, Anny, sono Eleonora, la collega di Roma. SOS, ho bisogno del tuo aiuto: entro un’ora mi devi consegnare un fascio fiori con mimosa e torta Mimosa, ci riesci?». Certo che sì, ho una squadra di pasticceri a Salerno in assetto di combattimento!

Al primo colpo la pasticceria Romolo passa la mia chiamata in laboratorio. Mi fanno una sola domanda: preferisci la torta alla crema chantilly o all’ananas? Caspita mi ero persa la versione all’ananas, rido tra me. Lascio la scelta al pasticcere. Intanto il fascio è già pronto, scrivo il biglietto: “Presto ti raggiungerò, intanto eccoti gli afrodisiaci perfetti, fiori e dolce indispensabili a far sì che l’amore arrivi alla perfezione”.

Il fattorino carica il tutto e corre a ritirare la torta. Missione compiuta. Ancora una volta l’amore vince.

Buon 8 marzo a uomini e donne!

Anny Pellecchia

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