Dopo due anni di cure, la più importante area verde di Napoli, autentico polmone della città con i suoi 134 ettari, è tornata a essere un luogo incantevole, una sintesi meravigliosa di ordine, cultura, silenzio e pace
Avevo 12 anni la scuola organizzò una gita a Capodimonte.
Non potrò mai dimenticare l’ingresso di quell’edificio maestoso, nel parco banchettavano noncuranti degli zingari su quel che rimaneva di un’aiuola, i mie compagni di classe ebri di quegli spazi infiniti ne fecero subito un campo di calcio e lì rimasero per tutto il tempo. Figlia di giardiniere, cresciuta in un giardino incantato ebbi una stretta al cuore, il parco ferito dagli assalti del tempo era in pieno decadimento e morte. Leggevo attraverso l’età delle piante e la loro disposizione le tracce lasciate da sapienti giardinieri, sapevo cosa poteva ritornare ad essere… Solo Claudia la mia compagna di banco ed io entrammo nel museo, nonostante la nostra cultura artistica non fosse ancora formata, rimanemmo incantate innanzi ai quadri di Raffaello, Caravaggio, Tiziano… sembravano respirassero tanto erano reali. Sin da piccola educata al bello, ho sempre vissuto male quella maledizione che affligge la mia terra, l’incapacità di apprezzare ciò che gli è stato donato gratuitamente.
Fu Carlo di Borbone Re di Napoli nel 1734 a disporre la costruzione di numerosi siti reali di cui il Palazzo di Capodimonte. La Reggia è in cima alla collina, sovrasta la città di Napoli, gode di uno straordinario panorama sul golfo. L’aria è salubre al limite di una vasta area boschiva. Il Re appassionato cacciatore, destinò la riserva di Capodimonte ricca di uccelli a casino di caccia. All’architetto napoletano Ferdinando Sanfelice nel 1742 venne affidato il progetto di trasformazione in parco e giardino di una parte del bosco, con soluzioni prospettiche alla francese e ampi inserti all’inglese così da ottenere effetti scenografici ancora di forte suggestione barocca. Il bosco cinto da mura si estendeva per lunghezza quasi un miglio per mezzo miglio di larghezza. Vi si entrava per una parte guarnita di cancelli di ferro… grandiosi alberi di Elci e querce costeggiavano gli ampi stradoni e viali che intersecandosi correvano lungo il bosco. “Lepri, conigli, caprii, cervi, volatili di ogni sorta rendono la caccia oltremodo varia e divertente… Il detto Real Palazzo è oggi frequentato dalla Corte. Dominando la capitale è un soggiorno incantato per i boschetti, giardini, deliziosi viali, peschiere, belli edifizi, varietà di volatili e quadrupedi” (Sasso 1856)
Con la caduta dei Borboni la Reggia visse l’ inizio del decadimento, i saccheggi dei francesi durante la Repubblica Napoletana 1799, l’unità d’Italia, i Savoia, la II guerra mondiale…
Il Museo riaprì solo nel 1954 ma con il cambiamento della città, il traffico, il degrado sociale, il complesso finì per essere progressivamente escluso dai circuiti culturali.
Ma gli esseri umani come dice Robert Pouge Harrison non sono fatti per guardare troppo a lungo la testa di Medusa con la sua rabbia, morte e sofferenza infinita. La riluttanza a farci pietrificare dalla realtà della storia è grande.
Oggi il direttore del Real Museo e del bosco di Capodimonte Sylvain Bellenger con la sua squadra ha intrapreso un complesso compito nel voler recuperare il parco di Capodimonte nella sua interezza o meglio nei suoi significati più profondi. Il Parco è spazio umano in mezzo alla freneticità della città. Il Parco è tranquillità trae energia proprio dal vortice che si agita al di fuori dei suoi confini. Il popolo napoletano con donazioni ha risposto alla nuova rivoluzione “La rinascita del giardino perduto“ panchine, posaceneri, videocamere, interventi di pulizia è tanto altro sono nel programma.
Il popolo napoletano vuole fortemente rivivere il parco, un luogo in cui crescere, passeggiare, correre, affacciarsi ad uno dei belvedere più belli al mondo…
Regina Maria Carolina d’Asburgo: «Ferdinando, è arrivato un francese, un giacobino a Capodimonte, sta organizzando una Rivoluzione, tu sei il Re, mandalo alla ghigliottina!».
Re Ferdinando IV di Borbone: «Carolina, stai tranquilla, questa volta è diverso, la Rivoluzione c’è, è vero, ma è una nuova Rivoluzione! È la Rivoluzione del Verde! Credimi, il Verde è l’unica libertà che rende felice l’uomo. Nel giardino possono rifiorire le virtù umane e sociali calpestate dal mondo cosiddetto reale».
Anny Pellecchia
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